Art4Sea: la consapevolezza attraverso l’arte

Art4Sea

Art4Sea è un progetto nato a febbraio 2022 nell’ambito dei finanziamenti europei del Programma Creative Europe (CREA), che promuove l’incontro di diverse forme d’arte, tra cui quella digitale, performativa, street, urban e la scultura, le scienze naturali, la biologia marina e la tecnologia.

L’intento è quello di aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica e dei privati sullo stato attuale del benessere dei nostri oceani, oltreche informare su inquinamento marino e i cambiamenti climatici. Un’iniziativa che rientra all’interno della cornice della Decade of Ocean Science for Sustainable Development delle Nazioni Unite, ovvero “il decennio del mare”. Dal 2021 fino al 2030, il programma intende guidare i paesi aderenti nel loro percorso di raggiungimento dell’Obiettivo 14 dell’Agenda 2030: Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.

Art4Sea: conoscere il Mediterraneo

Finanziato nell’ambito del Programma Creative europe (Crea) – Call Crea-Cult-2022-Coop, il progetto vuole essere uno strumento per favorire innovazione e accrescere una Ocean Literacy del Mediterraneo. Sarà implementato attraverso il programma Artists-in-Residence su tre piccole isole del Mediterraneo: Ustica, Alonissos e Gozo.

Sette i partner europei coinvolti: 3D Research (società spin-off dell’Università della Calabria), Atlantis Consulting (società di consulting greca), Bashkia Vlore (città costiera in Albania), Agencia Estatal Consejo Superior De Investigaciones Científicas (il più grande centro di ricerca marina spagnolo), Divers Alert Network Europe Foundation (società che fornisce assistenza ai sommozzatori con sede a Malta), iWORLD (società italiana nell’ambito dell’ICT) e Sebastiano Tusa Foundation (fondazione italiana impegnata nella salvaguardia del patrimonio culturale subacqueo).

Art4Sea prevede momenti di co-produzione, tutoraggio e formazione sia di persona che a distanza, una modalità ibrida pensata per unire il bisogno di avere interazioni fisiche con quello di abbassare i costi e l’impatto ambientale risultato dal dover coprire distanze notevoli con una certa frequenza. Una vera chiamata a raccolta creativa che, attraverso il bando Call Artists in Residence, porterà alla selezione di 24 artisti, per costruire insieme un modello di cooperazione internazionale e multidisciplinare. Otto artisti per ogni isola, scelti tra esperti di arte fisica (arte ecologica, scultura, street art, ecc), fisica subacquea (scultura) e digitale (3D, immagini digitali, AI art, ecc), lavoreranno a stretto contatto con la comunità locale, al fine di creare delle opere che siano il risultato di una vera consapevolezza del territorio.

Le tre tappe del progetto

Il progetto prenderà vita a inizio 2024, con una prima fase dedicata alla formazione degli artisti per quanto riguarda la conservazione delle acque e la creazione di opere davvero sostenibili anche in ambito digitale.

La seconda fase, invece, della durata di 7 giorni, è quella che prevede l’effettiva permanenza degli artisti sulle isole, dove avranno l’opportunità di immergersi nella bellezza di questi luoghi e scoprirne la storia e il patrimonio artistico e naturale, partecipando anche a lezioni e workshop e interagendo anche con la comunità locale.

Infine, l’ultima fase della Call avrà luogo nel 2025, quando le opere fisiche realizzate verranno finalmente esposte, integrandole nei paesaggi marini, naturali ed architettonici di Ustica, Alonissos e Gozo e creando, dunque, dei veri e propri musei a cielo aperto e subacquei.

Le opere, sia digitali che fisiche digitalizzate, verranno presentate online, in una mostra virtuale (su web e Metaverso), e fisicamente sulle tre isole e al Vision Multimedia Center di Vlora, in Albania.

I tre luoghi diverranno, tramite Artists in Residence, un vero e proprio punto di riferimento nell’ambito della preservazione delle nostre acque e, si spera, il punto di partenza per molti altri progetti che, come questo, possano sensibilizzare le persone e creare qualcosa di duraturo e davvero sostenibile.

La Casa dei Pesci: quando l’arte preserva la biodiversità

A Talamone, frazione del più noto comune toscano di Orbetello, si è sviluppato un progetto unico nel suo genere, almeno per quanto riguarda le coste della nostra penisola: La Casa dei Pesci, un museo sottomarino contenente circa 40 sculture.

L’organizzazione non profit, che in questi giorni ha catturato l’attenzione generale, nasce da un’idea di Paolo Fanciulli nel 2006. In quell’anno, insieme a diverse associazioni ambientaliste e alla Regione Toscana, l’uomo si attiva per calare sul fondo del Mediterraneo grosse bitte di cemento, un primo deterrente alla pesca a strascico

L’iniziativa, grazie al suo successo, attira fin da subito le attenzioni dei media su Fanciulli, che si trova a fare però i conti con un’ulteriore realtà, quella della mafia locale. È, infatti, la malavita grossetana che si attiva per impedirgli di continuare la sua attività da pescatore, sperando di far desistere – seppur senza successo – l’uomo. 

Fanciulli, che fin da ragazzo pesca in quelle zone, inizia a opporsi a questa pratica già negli anni ‘80 a causa degli evidenti effetti negativi non solo sul fondale marino ma anche sui piccoli pescatori locali. Proprio per questa ragione, piuttosto che rinunciare al suo obiettivo, insieme all’amico Ippolito Turco, attuale presidente de La Casa dei Pesci, ampliano ulteriormente il loro progetto. Con la speranza di attirare maggiore attenzione ed estendersi oltre le coste di Talomone, i due decidono di includere nell’iniziativa una serie di artisti disposti a creare delle sculture da posizionare sul fondale. 

Per riuscire nella loro impresa, si rivolgono in primo luogo alle cave di Carrara, nella speranza di ottenere alcuni blocchi ma, ben oltre le loro iniziali speranze, Franco Barattini, alla guida della famosa cava Michelangelo, ne dona all’organizzazione ben cento. 

Da quel momento una serie di scultori, tra cui la britannica Emily Young e gli italiani Massimo Catalani, Giorgio Butini, Massimo Lippi e Lea Monetti, come anche altri nomi nazionali ed internazionali, iniziano a realizzare le opere. Oggi se ne contano 40 concluse e altre 12 attualmente in attesa di raggiungere i fondali – che è possibile visitare tramite immersioni solitarie o organizzate. 

ll progetto vuole ispirare la Penisola. La pesca a strascico, pratica che in Italia è illegale entro tre miglia dalla costa o laddove la batimetria è superiore a 50 metri, è infatti tra le pesche più dannose per l’ecosistema poiché danneggiando il fondale ne mette a repentaglio la biodiversità. 

Ad esempio, specie come la Posidonia Oceanica, pianta marina indispensabile per la vita di moltissime specie e in grado di assorbire 15 volte il quantitativo di anidride carbonica assorbito da un’area della stessa dimensione della foresta Amazzonica, continuano a essere  devastate da questa pratica e difficilmente torneranno ad accrescere la loro diffusione. 

Per questo progetti come La Casa dei Pesci, congiunti in una collaborazione diffusa tra pescatori, cittadini e industrie, potranno nel lungo periodo lavorare per la salute dei mari e il ripopolamento dei loro fondali.

Mediterraneo e crescita della temperatura: è un segnale di allarme? 

Temperatura mediterraneo

Con il 2023 abbiamo raggiunto la più alta temperatura mai registrata delle acque superficiali del Mediterraneo. Un picco che raggiunge i 28,4 °C, superando la soglia storica di 28,25 °C registrata nell’agosto del 2003. I dati, registrati dal Servizio europeo per i cambiamenti climatici di Copernicus (C3S), rappresentano una sinesi dell’innalzamento delle temperature che, proprio in questi mesi, ha fatto sì che venisse introdotto nel linguaggio mediale il concetto di “ebollizione globale”. 

Ma quali sono le ragioni dietro il surriscaldamento del mare e degli oceani e quali le sue conseguenze?

Aumenta la temperatura del Mediterraneo: come è possibile?

I picchi registrati durante l’estate del 2023, in particolare nell’Europa Meridionale, si sono tradotti nell’innalzamento delle temperature del Mare Nostrum.  

Tra le principali motivazioni troviamo la crescita delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, principalmente di anidride carbonica (CO2) derivata dalle attività umane. L’ossidazione di combustibili fossili (come carbone, petrolio e gas naturale) per la produzione di energia, infatti, emettono grandi quantità di CO2 nell’atmosfera. Inoltre, le attività agricole e alcuni processi industriali producono grandi quantità di metano e ossido nitroso, altrettanto nocivi se rilasciati in grandi quantità. 

Questi gas intrappolano il calore proveniente dal sole nell’atmosfera terrestre, amplificando l’effetto serra naturale e provocando un aumento della temperatura globale. Poiché gli oceani e i mari, per natura, assorbono e distribuiscono il calore nel sistema climatico, l’innalzamento dei gradi centigradi ha esiti negativi sul clima del pianeta e sui suoi ecosistemi. 

Quali saranno le conseguenze?

Per avvertire le conseguenze del surriscaldamento dei mari non dovremo guardare a un futuro lontano: in realtà, queste sono visibili già da molti anni e continuano ad amplificarsi e a rendersi sempre più evidenti. 

Se, come anticipato, mari e oceani sono responsabili di regolare il clima globale, allora non sorprende constatare come le più importanti anomalie ad oggi registrate abbiano avuto un impatto sul rischio di nubifragi, sullo sviluppo di piccoli uragani, tifoni e “bombe d’aria“. Come evidenziato dal Scientific Reports di Nature, l’interazione aria-mare influenza il sistema di precipitazione, il suo ciclo di vita, la sua severità e la velocità di propagazione. 

Ma quelle metereologiche non sono le uniche conseguenze. Tra i primi e più evidenti effetti del riscaldamento dei mari troviamo, infatti, il rapido scioglimento dei ghiacci polari e delle calotte glaciali. Questo evento ha portato all’innalzamento dei mari, minacciando le comunità costiere e le infrastrutture. Uno studio condotto dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) ha mostrato che, nel territorio pontino, il lido di Latina, le spiagge di Sabaudia e le zone umide del Parco Nazionale del Circeo rischiano di finire sotto acqua entro la fine del secolo

Non da meno sono gli esiti registrati sull’habitat e sugli ecosistemi. Molte specie animali sono costrette a spostarsi verso zone più fredde per sopravvivere, mettendo a repentaglio la biodiversità. In particolare, a essere sempre più vulnerabili ai cambiamenti troviamo i coralli, minacciati dal fenomeno di “sbiadimento”, o i molluschi e alcune specie di plancton che, a causa dell’acidificazione delle acque dovuta alla crescita della temperatura, vedono danneggiati i propri gusci. A sua volta, questo fenomeno può generare un pericoloso circolo vizioso, basti pensare che, proprio queste specie sono alla base della dieta di molti animali che abitano i mari.

Il cambiamento climatico implica un cambio di passo

La sfida che ci troviamo ad affrontare è molto grande: richiede un impegno totale e congiunto. Ridurre le emissioni di gas serra diventa, dunque, fondamentale. Questo è possibile anche attraverso alcune iniziative autonome come la transizione verso energie rinnovabili, il passaggio ad una mobilità sostenibile e l’integrazione di piccoli gesti di cura e rispetto verso l’habitat che ci circonda. Solo con azioni concrete e costanti, infatti, possiamo sperare di invertire un processo tutt’ora in corso e proteggere l’ambiente marino e terrestre.

Sprechi idrici in estate? Cambia le tue regole!

Estate 5 consigli per risparmia acqua

Con l’estate e l’aumento delle temperature, il consumo di acqua accresce senza, però, togliere spazio agli sprechi. Con Egato 4 Latina ci impegniamo da sempre a tutelare la risorsa idrica e ad aiutare i cittadini ad apprendere buone pratiche di utilizzo.

Ecco, quindi, 5 semplici consigli che potranno aiutarti a risparmiare questa preziosa risorsa durante il periodo estivo:

1. Riutilizza l’acqua di scarto dei tuoi elettrodomestici

Aria condizionata e deumidificatori possono salvarti dal caldo estremo, ma è possibile rendere questi due alleati più sostenibili? Un metodo semplice e pratico è quello di raccogliere l’acqua di scolo prodotta per riutilizzarla nei nostri ferri da stiro.

2. Un lavaggio a freddo

Si sa, l’utilizzo degli elettrodomestici, in particolare delle lavatrici, accresce con l’alzarsi delle temperature. Per avere vestiti sempre freschi e puliti, avvia lavaggi brevi, eco e a basse temperature. Inoltre, assicurati di avere in casa elettrodomestici appartenenti alla classe A++ o A+++, risparmierai anche nel consumo energetico!  

3. Tieni d’occhio la piscina

Se possiedi una piscina, sia questa interrata o semplicemente gonfiabile, coprila quando non la utilizzi o di circondala con una siepe così da creare una zona ombreggiata. In questo modo, ridurrai la quantità di acqua che potrebbe evaporare a causa del caldo.

4. Una cura intelligente del giardino

Se possiedi un giardino o uno spazio esterno ricco di piante, dedica del tempo per irrigare durante le prime ore di luce del mattino o al tramonto. In questo modo il terreno potrà assorbire l’acqua più agevolmente e ne eviterà l’evaporazione.

5. Una doccia al volo

È ormai risaputo: preferire una doccia a una vasca permette di risparmiare una grande quantità di litri di acqua! Questo è consigliabile soprattutto d’estate: l’acqua è un buon modo per rinfrescarsi, ma ricordati di utilizzarla in maniera rispettosa. Quando ti lavi, chiudi il getto d’acqua mentre ti insaponi e riaprilo soltanto per pochi minuti. Ricorda: una doccia di 5 minuti richiederà un quantitativo di ben 50 litri!

Una volta messi in pratica tutti i consigli, non dimenticarti di tenere d’occhio la bolletta: è possibile, infatti, che gli sprechi non derivino dal tuo utilizzo, ma da perdite o tubature vetuste. Un improvviso aumento dei tuoi pagamenti sarà un allarme da non ignorare!

Credi di conoscere già tutto sul risparmio idrico? Prova il nostro quiz e scopri nuovi modi di utilizzo sulla nostra pagina di consigli!

Un’onda di “blu” per la Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo

Mare Nostrum” è il modo in cui veniva definito il Mediterraneo ai tempi dell’Antica Roma.
È il “nostro mare” e l’8 luglio se ne celebra la giornata: istituita nel 2014 con la collaborazione di Earth Day Italia e il supporto della Marina Militare Italiana, la Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo nasce con lo scopo di stimolare l’interesse verso la sua salute e di sensibilizzare sui pericoli causati dall’inquinamento, dalla pesca eccessiva e dalla perdita degli habitat costieri.

Il Mediterraneo rappresenta soltanto l’1% dell’intera superfice oceanica ma, nonostante ciò, presenta una notevole biodiversità, con più di diecimila specie marine e una grande diversità di ecosistemi da salvaguardare.

Infatti, nonostante la numerosa quantità di “vita” che anima i suoi fondali, il mare è minacciato ogni giorno da pesca intensiva, prodotti chimici, ricerca di combustibili fossili e trasporti marini. A questo si aggiunge l’enorme quantità di rifiuti accumulati: il Mediterraneo “accoglie” oltre il 70% di rifiuti gettati in acqua tra i quali, come viene indicato da Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale (ISPRA)
, il 77% è plastica. L’impatto non è da poco: i rifiuti e, in particolare, la plastica possono rimanere nell’ambiente per centinaia di anni, attaccando la fauna marina (che spesso ingerisce i rifiuti o viene ferita da questi ultimi), portando alla contaminazione della catena alimentare marina (e, di conseguenza, umana) e impattando sugli ecosistemi costieri- si stima che sulle nostre spiagge sia presente una media di 400 rifiuti ogni 100 metri.

ISPRA, proprio in occasione di questa giornata, nel 2021 ha realizzato il documentario “Colori profondi del Mediterraneo” per far conoscere a tutti cosa si nasconde sotto la sua superfice e per stimolare a proteggere la ricchezza che ospita.

La giornata è volta, quindi, a promuovere la conservazione e la protezione del mare e dei suoi fondali attraverso l’implementazione della “blue economy, una vasta gamma di azioni volte a preservare l’ambiente marino e a garantire il benessere delle comunità costiere. Tra gli esempi di blue economy: il trasporto marino a basso impatto, la pesca e l’acquacultura sostenibile, l’energia marina rinnovabile e una gestione equa e strategica delle risorse.

Per poter sviluppare questi gesti sarà però necessaria la collaborazione tra i paesi che affacciano sul Mare Nostrum, oltreché a quella delle organizzazioni internazionali, delle istituzioni scientifiche e, non di meno, della società civile. Quale miglior occasione per generare un “onda di blu”?

World Water Day 2023: i progressi compiuti e le sfide da affrontare

World Water Day

Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie” è il 6° Obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Oggi, per la Giornata Mondiale dell’Acqua, è necessario soffermarci a riflettere su quanti progressi reali sono stati compiuti per raggiungerlo.

Il World Water Day nasce nel 1992 durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) e ogni anno viene celebrato il 22 marzo attraverso un tema specifico inerente alla risorsa idrica. Per il 2023 è stato scelto quello dell’”accelerazione al cambiamento per risolvere la crisi idrica e igienico-sanitaria, con l’auspicio di coinvolgere non solo le istituzioni, ma anche le imprese e i cittadini nell’impegno ad accelerare la transizione. Ma non solo questo: durante questa giornata è necessario ricordare quanto l’acqua possa minare i progressi su alcune delle principali questioni globali.

Sebbene nel mondo ci siano più di 1,3 miliardi di km3 di acqua, soltanto il 3% di questa è acqua dolce contenuta in ghiacciai, falde e laghi. Ciò significa che ottenerne l’accesso possa risultare molto complesso. Non a caso, sono più di 2 miliardi le persone che oggi vivono in condizioni di carenza idrica. Ciò può avere dei risvolti negativi su diritti ritenuti fondamentali: oltre alla questione igienico-sanitaria, a essere colpite sono anche le lotte per la parità di genere, l’istruzione e l’occupazione lavorativa, finanche il mantenimento della pace locale e internazionale.

Ma dall’istituzione dell’Agenda 2030 (settembre 2015) niente è cambiato?

Alcuni piccoli passi

In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua sono state pubblicate numerose indagini sui progressi ottenuti in questi anni in cui istituzioni, imprese e cittadini hanno lavorato sinergicamente.

Un primo risultato si nasconde all’interno dell’opinione pubblica italiana. Un’indagine di IPSOS sottolinea come l’impegno del nostro Paese verso la tutela dell’acqua è molto aumentato negli ultimi anni. Tra gli intervistati, il 77% ha dichiarato di provare a ridurre il più possibile lo spreco d’acqua nella propria quotidianità, il 41% di essere cosciente della crescente scarsità di acqua e il 31% di essere d’accordo con le previsioni del World Resources Institute secondo cui l’Italia entro il 2040 vivrà in una condizione di stress idrico (a fronte di un 34% nel 2022).

Ma l’autocoscienza dei cittadini italiani è stata accompagnata anche da dati ambientali in rialzo. Il rapporto “Water Economy in Italy” dell’Osservatorio Proger, presentato nella giornata di ieri al Senato della Repubblica, ha sottolineato come la piovosità in Italia sia ancora a buoni livelli – con una media di 301 miliardi di m3 di pioggia all’anno su scala nazionale. La Penisola si colloca, quindi, al 5° posto in Europa per quantità di precipitazione, con Milano prima in Europa per piovosità e Roma che conta un maggior numero piogge rispetto a Londra.

Solo buone notizie?

Purtroppo no. A fronte di quanto dichiarato dagli italiani, non è possibile evitare di sottolineare che ancora oggi il nostro paese primeggi sul podio dei maggiori sprechi. È ancora IPSOS a indicare un utilizzo di 220 litri giornalieri pro-capite di acqua utilizzata a fronte dei 165 litri di media europea. E sebbene stia crescendo la consapevolezza del rischio idrico, il 46% dei cittadini non è ancora oggi cosciente degli sprechi che si registrano quotidianamente.

Inoltre, sebbene la misura delle piogge risulti in leggero miglioramento, il vero problema della Penisola è la capacità di utilizzo della risorsa idrica. Delle precipitazioni che bagnano il nostro paese, solo l‘11% è prelevato per usi civili, agricoli o industriali. Inoltre, come sottolinea l’Osservatorio Proger, la nostra rete idrica è a “colabrodo”: il 40% dell’acqua potabile prelevata, infatti, non arriva ai rubinetti delle case.

Per risolvere questi problemi, i governi dovranno lavorare quattro volte più velocemente per soddisfare l’obiettivo dell’Agenda 2030. Il loro impegno non servirà solo a garantire la tutela dell’utente, ma anche quella della risorsa idrica. Investire su gli Enti che quotidianamente si occupano di costruire infrastrutture resilienti è oggi fondamentale per ovviare alla dispersione delle acque. È quindi necessario capitalizzare le risorse, oltre che implementare delle modifiche legislative, così da permettere lo sviluppo di progetti tecnico-imprenditoriali per potenziare le capacità delle reti idriche e degli impianti. Oltre a ciò, gli sforzi dovranno soffermarsi anche sul rendere possibile il riuso delle acque reflue, la ricarica delle falde, fino alla possibilità di utilizzo dell’acqua di mare tramite la sua desalinizzazione.

Scopri alcuni consigli per risparmiare l’acqua: visita la casa e l’ufficio di Egato 4 Latina.

Non semplici corsi d’acqua: i fiumi come fonte di vita

Fiumi

Fonte di vita per specie animali e vegetali, uno dei più importanti ecosistemi della Terra e risorsa costantemente minacciata dall’attività umana: il fiume è molto più che semplice acqua corrente. Le sue funzioni sono notevoli e molto spesso sottovalutate.

Per questo il 14 marzo – come ogni anno dal 1997 – si celebra la Giornata Internazionale di Azione per i Fiumi, durante la quale è fondamentale sensibilizzare sui rischi che li vedono protagonisti, sui benefici che questi possono apportare alle comunità locali e sull’importanza della cooperazione internazionale per la gestione dei fiumi transnazionali.


I benefici apportati dai fiumi

Non ci si interroga mai abbastanza sulle funzioni che i corsi d’acqua possono apportare all’ambiente che ci circonda. Ne sottolineiamo solo alcune tra le più importanti, come ad esempio:

  1. Presentare un habitat ideale per la vita acquatica: i fiumi si presentano come terreno ottimale per molte specie acquatiche e insetti, creando un’enorme biodiversità che varia in base alla qualità delle sue acque;
  2. Regolare il clima: la risorsa fluviale riesce a regolare il clima locale attraverso il rilascio di vapore acqueo nell’atmosfera, provocando effetti rinfrescanti sull’ambiente e contribuendo alla formazione di nuvole e precipitazioni. Inoltre, le piante e gli organismi acquatici che ospita permettono la produzione di ossigeno attraverso la fotosintesi, con un conseguente mantenimento di una buona qualità dell’aria;
  3. Controllare le inondazioni: questo è permesso grazie alla creazione di bacini idrografici naturali, ovvero zone di terreno che riescono a raccogliere e immagazzinare acqua, permettendo di ridurre la velocità di deflusso e prevenendo le inondazioni. Oltre a questo, il fiume riesce a creare delle “aree di attenzione”, ovvero zone di terra a sé adiacenti che possono essere allagate durante le piene per ridurre il flusso di acqua e salvaguardare le zone abitate;
  4. Fornire acqua potabile: questa rappresenta una delle funzioni più conosciute, ma spesso ne viene sottovalutata l’importanza. Per le zone rurali, infatti, i fiumi rappresentano una fonte di acqua potabile fondamentale per le comunità che le abitano e che non dispongono di ulteriori approvvigionamenti idrici;
  5. Provvedere alle attività umane: un’attività tanto ovvia quanto fondamentale. I fiumi svolgono un importante sostentamento per le mansioni lavorative. Agricoltura, industria, pesca e turismo fluviale, la risorsa è utilizzata in molti campi, ciò che è importante sottolineare è il corretto utilizzo che deve esserne fatto per evitare gli impatti negativi sul suo ecosistema.


Quali minacce si trovano ad affrontare?

A proposito di impatti negativi, i fiumi vivono oggi circondati da numerosi rischi.

L’inquinamento da sostanze chimiche, rifiuti industriali o acque reflue non trattate è una delle più grandi minacce. Questa, infatti, non ha una ricaduta solo sulla salute di questa risorsa, ma anche su quella della vita che ospita, dei mari in cui sfocia e, non ultimo, su quella delle persone che vivono vicine ad essa.

Un ulteriore rischio presenta il nostro volto, quello umano. L’utilizzo intensivo dell’acqua fluviale nelle mansioni agricole, industriali e urbane ha portato a una vera e propria alterazione dei corsi di acqua naturali. A questo si aggiunge poi il cambiamento climatico, il quale sta causando una maggiore variabilità delle precipitazioni con conseguenti impatti sulla quantità e qualità dell’acqua. La siccità che abbiamo registrato negli ultimi anni ne è la prova: l’esaurimento delle risorse idriche è un problema crescente, soprattutto nelle regioni aride e semi-aride.

Tutto ciò ha, infine, un riscontro sulla biodiversità che vive i fiumi: a causa di tutti i rischi citati, molte specie animali sono oggi a rischio di estinzione.


Che cosa fare per salvaguardare la salute dei fiumi?

Con Egato 4 Latina da tempo valorizziamo i numerosi progetti che tutelano o hanno lavorato per salvaguardare la risorsa fluviale, ma crediamo che l’impegno debba essere quotidiano e debba coinvolgere l’intera comunità globale. Esistono, infatti, molte azioni che un cittadino può svolgere:

  • Ridurre l’inquinamento evitando di gettare nell’acqua i rifiuti;
  • Ridurre i fertilizzanti chimici e i pesticidi;
  • Salvaguardare l’erosione delle sponde promuovendo la piantagione di alberi e arbusti luogo le rive;
  • Sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso i propri canali e sostenere le organizzazioni ambientaliste che da anni si occupano di salvare queste risorse.

Ricordiamo che il nostro impegno quotidiano può fare la differenza per la salvaguardia dei fiumi e, conseguentemente, delle specie che la abitano e delle città che li affiancano.

Attenti alla Natura: il 3 marzo si celebra il World Wildlife Day

World wildlife day

Il 3 marzo si celebra in tutto il pianeta il World Wildlife Day (Giornata Mondiale della Natura), istituita nel 1975 dall’UNESCO per sensibilizzare e promuovere la conservazione delle risorse naturali e proteggere la biodiversità sul nostro pianeta.

La data non è casuale: il 3 marzo, infatti, coincide con l’anniversario della firma della Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate di Fauna e Flora Selvatiche (CITES) del 1973, un accordo internazionale che mira a proteggere flora e fauna selvatiche limitando il commercio di specie in pericolo.

Nonostante i decenni trascorsi dalla primissima celebrazione, il tema rimane oggi più che mai attuale. A dimostrazione di ciò diversi dati:

    1 milione di specie animali e vegetali rischiano l’estinzione

    Secondo l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services sono circa un milione le specie che rischiano l’estinzione nelle prossime decadi a causa dell’attività umana. Tra i fattori che contribuiscono a questa perdita: la deforestazione, la conversione di terre per l’agricoltura e l’allevamento, la pesca eccessiva e l’inquinamento. Tali fattori hanno portato a una perdita del 75% della biodiversità terrestre e del 66% di quella marina.

    10 milioni di ettari di foresta distrutti

    La FAO ha annunciato, nel 2020, che ogni anno vengono distrutti circa 10 milioni di ettari di foresta a causa della deforestazione umana. L’area forestale totale del pianeta si è ridotta di circa 178 milioni di ettari negli ultimi 20 anni, e questo principalmente a causa dell’espansione agricola, della produzione del legname e della creazione di terreni edificabili. Il problema è serio perché, oltre a causare un impatto negativo sulla biodiversità, questo rappresenta anche una delle principali cause del cambiamento climatico, considerando che le foreste assorbano anidride carbonica e aiutino a mitigare le emissioni di gas serra.

    Una minaccia per gli oceani

    Il Report sullo Stato dell’Ambiente Globale 2022 pubblicato dalle Nazioni Unite sottolinea come il cambiamento climatico e la sovrappesca stanno minacciando la salute degli oceani e delle numerose specie marine che ospitano. L’aumento delle temperature sta, infatti, causando l’acidificazione delle acque, provocando conseguenze disastrose. Si stima che entro il 2043 il 90% delle barriere coralline del mondo potrebbe sparire e che, a causa della pesca illegale e indiscriminata, molte specie marine sono oggi a rischio di estinzione.

    Il 3 marzo delinea quindi un punto di partenza, ogni nuovo anno, per aspirare a un cambiamento reale e concreto. L’attuale situazione deve spingere a pensare che ancora molto possa essere fatto e, con questo, numerose soluzioni dovrebbero essere adottate per proteggere l’ambiente: la promozione di energia rinnovabile, la riduzione degli sprechi, l’adozione di pratiche agricole sostenibili e, prima di tutto, un impegno individuale attento e costante.

    Per poter accelerare il cambiamento, infatti è necessario che ognuno di noi ripensi al proprio stile di vita: con Egato 4 Latina abbiamo scelto di condividere delle case history che attualmente contribuiscono al cambiamento (leggi di più sulla rubrica innovazione), oltre che alcuni semplici consigli che possono aiutare a salvare la risorsa idrica (clicca qua).

    Ma non può bastare solo questo! La Giornata Mondiale Della Natura deve rappresentare, inoltre, un’opportunità per trasmettere una nuova cultura e promuovere un’istruzione ambientale – sia all’interno delle scuole che nella società in generale – per aiutare nuove e vecchie generazioni ad adottare tutte le soluzioni necessarie a generare cambiamento.

    A Sabaudia l’acqua ha “una storia a lieto fine”

    Acqua, una storia a lieto fine

    La siccità che ha colpito gli ultimi anni è un segnale chiaro di come dovremmo ripensare all’utilizzo che facciamo dell’acqua: educare le nuove generazioni verso la tutela e il riciclo della risorsa diventa un punto centrale riguardo al futuro. Ed è quello che è stato fatto dall’Istituto Pangea onlus che, coinvolgendo le scuole del Comune di Sabaudia, ha dato vita al progetto “Acqua: una storia a lieto fine” per sensibilizzare alla riduzione dell’inquinamento di origine domestica di fiumi, laghi e mare e al riutilizzo delle acque reflue, unendo l’evoluzione tecnologica odierna alla storia dell’Antica Roma.

    Noi di Egato 4 Latina abbiamo intervistato Giulia Sirgiovanni, vicepresidente dell’Istituto Pangea e Responsabile del progetto, per farci raccontare come sono stati coinvolti i cittadini più giovani all’interno dell’iniziativa.

    Giulia, come nasce il progetto?

    L’iniziativa nasce in risposta ad un bando della Provincia di Latina per la “Realizzazione di campagne didattiche”  nell’ambito del Piano di Riqualificazione Ambientale del Progetto Rewetland. Il Comune di Sabaudia ha ottenuto il co-finanziamento e l’Istituto Pangea onlus, che ne gestisce il laboratorio territoriale di educazione ambientale “Labnet Lazio”, ha realizzato il progetto.

    Abbiamo cominciato con un’azione formativa destinata agli insegnanti di entrambi gli Istituti comprensivi di Sabaudia  con approfondimenti e attività pratiche che si sono svolti in parte in aula e in parte sul campo nel territorio del Parco Nazionale del Circeo che è anche un partner del progetto.  A seguire sono state coinvolte complessivamente 25 classi di questi insegnanti, classi di tutti gli ordini e gradi dalle scuole primarie fino alle superiori.

    Il progetto si chiama “Acqua, una storia a lieto fine” e, infatti, nel racconto della risorsa vi siete proprio immersi nella storia?

    Si. Il progetto nasce per educare le giovani generazioni ad usare sempre meno prodotti inquinanti e al “riciclo” della risorsa. Si è parlato di acque reflue e di fitodepurazione  – ovvero un sistema naturale di depurazione che ne permette il loro riutilizzo. Le attività didattiche in aula e sul campo sono state diverse,  tra quelle più interessanti ci sono proprio le uscite realizzate nella villa dell’Imperatore Domiziano. Tutti sappiamo quanto l’acqua sia stata un elemento fondamentale nella storia dell’Antica Roma. I resti della villa, del I secolo d.C., sono un esempio di quanto fossero avanzati gli impianti idrici costruiti 2000 anni fa dai Romani.

    Sul luogo abbiamo mostrato ai ragazzi, ad esempio, la cosiddetta “forica” (una latrina) nella quale tutt’oggi notiamo la canaletta esterna. Quest’ultima, che serviva per fornire l’acqua per l’igiene intima della persona, proseguiva passando sotto le sedute della latrina stessa. Grazie all’ingegnosità della costruzione, l’acqua utilizzata dai Romani per lavarsi, era la stessa che ripuliva la forica dalle deiezioni. Quindi, al contrario di quanto avviene oggi, non utilizzavano acqua potabile per lo scarico, ma avevano trovato un modo di riutilizzare le acque reflue.

    Abbiamo scelto di collegare questo percorso alla formazione degli studenti per dimostrare che concetti importanti come l’uso razionale dell’acqua e l’igiene erano applicati in epoche storiche molto lontane con modalità molto simili a quelle attuali, a volte persino migliori. È stato anche importante farli riflettere sul fatto che, con la caduta dell’Impero Romano, per circa 1500 anni la civiltà occidentale ha abbandonato tutte queste buone pratiche, che noi diamo per scontate, e le ha ritrovate solo negli ultimi 70 anni.

    Questa era però solo una prima parte delle attività: avete infatti messo alla prova gli studenti con esercitazioni diversificate in base al loro grado scolastico.

    Si, le attività sono state numerose e ognuna di queste era calibrata a seconda delle potenzialità degli studenti e ai loro programmi scolastici. Anche le esercitazioni  finali sono state modulate seguendo questo criterio. Le scuole primarie e secondarie di primo grado hanno seguito una breve formazione sulla scrittura creativa e la realizzazione di pannelli in linea con i principi dell’Interpretazione Ambientale – brevi e accattivanti – e poi hanno elaborato una propri proposta di pannello divulgativo volto a coinvolgere la popolazione e i turisti sul tema delle acque reflue; per le scuole secondarie di secondo grado abbiamo invece deciso di testare le abilità e la creatività chiedendo di svolgere attività più elaborate come sperimentazioni o campagne social, sempre dopo aver seguito una breve formazione.

    E quali sono stati i risultati finali?

    Nel caso degli studenti più piccoli – elementari e medie – sulla base di quanto svolto con le classi, abbiamo elaborato tre pannelli. Questi verranno posizionati su una struttura mobile che può essere spostata in diversi siti del Comune di Sabaudia. Nella grafica abbiamo inserito disegni e testi creati dai ragazzi nell’ambito delle esercitazioni.


    Nel caso degli studenti più grandi, le attività sono state più articolate. Alcune classi si sono cimentate nella costruzione di un piccolo impianto di fitodepurazione con materiali di riciclo, così da capire come le acque reflue possono essere riutilizzate anche in ambito domestico. Le altre hanno invece elaborato una campagna social: attraverso il profilo Tik Tok e Instagram degli studenti e quelli Instagram e Facebook dell’Istituto Pangea sono stati divulgati dei contenuti di colore (come reel o meme) sempre per sensibilizzare all’uso consapevole dell’acqua e al suo riutilizzo.

    E infine di tutto il lavoro ne è uscita una pubblicazione?

    Esattamente. Dopo l’incontro con le classi abbiamo pubblicato tre fascicoli – un manuale per insegnanti e due quaderni per i ragazzi – entrambi sul tema dell’acqua.
    Questi sono andati ad arricchire una collana di dodici fascicoli inerenti ai progetti ambientali realizzati in passato da Labnet Lazio e che oggi sono consultabili sul nostro sito. Ne siamo davvero entusiasti, è stato un lavoro intenso ma molto apprezzato dal territorio, proprio per questo verrà realizzato, in una chiave simile, un progetto sul tema delle acque anche in una scuola del Comune di Latina.

    World Soil Day: l’impatto dell’acqua nella protezione del suolo

    Word Soil Day

    Il 5 dicembre di ogni anno si celebra il World Soil Day, conosciuto in Italia come Giornata Mondiale del Suolo, una data istituita nel 2014 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) per ricordare l’importanza di mantenere un suolo in salute per ottenere ecosistemi sani e un benessere umano e animale.

    L’edizione 2022 è dedicata alla sensibilizzazione sul grave problema della perdita di nutrienti del suolo, riconosciuto come uno dei maggiori fattori di rischio a livello globale per la sicurezza alimentare e la sostenibilità in tutto il mondo, non a caso è stato scelto per la campagna il nome “Soils, Where food Begins” (Suoli, dove inizia il cibo).

    Ma qual è il rapporto tra acqua e suolo?

    Il suolo regola il ciclo naturale dell’acqua, filtrandola e depurandola. Questo rappresenta un anello fondamentale del flusso energetico e del ciclo dei nutrienti che contraddistinguono l’ecosistema Terra.
    La maggior parte delle funzioni ecologiche ed economiche assicurate dal suolo sono però permesse soltanto se il bacino idrico non viene compromesso.

    Tra le minacce che affliggono i suoli, infatti, molte di queste sono dovute all’acqua, sia per motivi ambientali sia per una sua cattiva gestione. Tra i pericoli rappresentati dalla risorsa idrica troviamo, ad esempio:

    • Erosione: dovuta a un’impattante azione dell’acqua che porta gradualmente alla perdita di suolo. Questa può essere accelerata da eventi climatici estremi quali piogge intense o, al contrario, siccità. La conseguenza, oltre alla perdita di porzioni di territorio, è l’innalzamento del livello del mare che può modificare il suolo delle aree costiere o portare contaminanti di origine marina;
    • Salinizzazione: dovuta a un’eccessiva irrigazione, in particolar modo quando le acque sono di scarsa qualità e portano a un accumulo di sali;
    • Inondazioni: dovute a una quantità di acqua in eccesso che non riesce ad essere assorbita dal suolo e finisce inevitabilmente per formare corsi d’acqua pericolosi;
    • Smottamenti: quando un terreno è sovraccarico d’acqua e, aumentando di peso, scivola verso il versante.

    I cambiamenti climatici sono in parte causa di questi rischi; ma non solo: a partire dagli anni Cinquanta, infatti, l’umidità del suolo si è fortemente ridotta nell’Europa mediterranea, mentre è aumentata in quella settentrionale. Il calo di umidità può rendere necessaria una maggiore irrigazione dei terreni agricoli e causare una diminuzione dei raccolti, se non addirittura una desertificazione dei suoli con conseguenze drammatiche nella produzione alimentare.

    Per poter contribuire a modificare tale situazione è necessario agire nel rispetto delle diverse risorse naturali.

    Nel corretto utilizzo del suolo, è necessario partire dai gesti più semplici, evitando il suo inquinamento con scarti e rifiuti. Oltre a queste “piccole” azioni, scienziati e attivisti hanno più volte indicato l’importanza di agire sugli ecosistemi per difenderli e contribuire a ripristinarli attraverso, ad esempio, lo stoccaggio di carbonio organico presente nei suoli della Comunità Europea.

    Ma, proprio riguardo all’acqua, è fondamentale ricordare l’importanza di un utilizzo consapevole della risorsa, in particolare nel settore agricolo. Come soluzione ai tradizionali metodi utilizzati in agricoltura, infatti, lo sviluppo di nuove tecnologie rispettose sia del suolo che dell’acqua possono essere un punto di partenza: si pensi ad esempio alla tecnica a idroponica, in cui non si utilizza (o si utilizza in minima parte) il terreno, salvaguardando al contempo l’acqua da un suo sproporzionato sfruttamento.

    Nell’utilizzo di entrambe le risorse, tanto dell’acqua quanto del suolo, questa giornata ci ricorda come queste rappresentino un bene pubblico fondamentale per la sopravvivenza. Queste possono essere sfruttate ma non distrutte, per questo chi le utilizza è anche responsabile della loro protezione.