Quanta acqua sprecano gli italiani buttando il proprio cibo?  

Acqua spreco

In un momento così complesso e delicato in termini di sostenibilità ambientale, l’emergenza idrica diventa tema centrale di discussione non solo istituzionale ma anche pubblico. I consumatori, infatti, devono necessariamente rendersi conto della propria responsabilità e delle conseguenze legate ai loro consumi e ai loro gesti quotidiani.  

Non tutti sanno, per esempio, che lo spreco idrico domestico è correlato a quello alimentare: attraverso lo studio condotto dall’Osservatorio internazionale Waste Watcher, ad esempio, è possibile conoscere quanti litri di acqua vengono consumati e “buttati” dai cittadini italiani a causa del proprio spreco alimentare. 

Cos’è l’impronta idrica e qual è la sua utilità? 

Al fine di misurare lo spreco di acqua dolce è stato sviluppato il concetto di impronta idrica, un indicatore ambientale che misura il consumo di acqua dolce, in maniera diretta o indiretta, dovuto alla produzione di beni o servizi. Tramite tale dato si quantifica sia l’uso di acqua attribuibile a un singolo individuo, che quello relativo all’uso di un’azienda e di una intera comunità.  

La nascita di questo indicatore è da ricondurre al Prof. Arjen Hoekstrastra e all’Università di Twente nei Paesi Bassi. Infatti, l’impronta idrica rientra in un progetto più ampio che ha dato vita al “Water footprint network”, una piattaforma collaborativa che opera a livello mondiale. Il suo scopo è quello di promuovere delle forme di sviluppo e produzione più sostenibili e che prevedano un uso adeguato, limitato, ma efficiente dell’acqua dolce.    

A quanto ammonta, però, lo spreco idrico registrato dai consumatori italiani? 

Miliardi di litri di acqua sprecati ogni settimana: il contesto italiano 

Di recente l’Osservatorio internazionale Waste Watcher ha condiviso le sue stime sullo spreco di acqua in ambito domestico partendo dai dati sullo spreco alimentare.  

Il report italiano del 2024 ha dichiarato che, dallo spreco del cibo (circa 566,3 grammi pro capite a settimana), derivano circa 151,469 miliardi di litri di acqua.  

Tale cifra è paragonabile ad un consumo di 302,938 miliardi di bottiglie da mezzo litro che, se messe tutte in fila, percorrerebbero la circonferenza del globo per bene quattro volte! Inoltre, ammonterebbero a una spesa, in termine di utenze domestiche, di 395,835 milioni di euro. 

La produzione alimentare, infatti, è strettamente correlata a un utilizzo ingente di acqua ed è per questo che lo spreco di cibo comporta anche quello idrico. Per produrre 200 kg di carne bovina, per esempio, sono necessari circa 3 milioni di litri di acqua. Questo dato rende evidente quanto le decisioni quotidiane relative alle quantità di consumi di determinati alimenti o semplicemente la scelta di gettarli, impatti sull’impronta idrica.

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L’Osservatorio internazionale Waste Watcher, proprio per rendere più consapevoli i consumatori rispetto a questo tema, ha realizzato un’applicazione: lo Sprecometro

Tramite il suo utilizzo, i singoli individui possono stimare l’impronta idrica conseguente al loro spreco alimentare, valutando anche la perdita economica e l’impronta carbonica.  

Inoltre, vengono condivisi con loro contenuti educativi e formativi volti a ridurre gli sprechi e a migliorare le proprie scelte alimentari, proprio al fine di agire sinergicamente verso l’obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030: dimezzare lo spreco alimentare.  

Giornata Mondiale dell’Acqua 2024: un’occasione per la pace e la cooperazione 

Ogni anno, il 22 marzo, celebriamo la Giornata Mondiale dell’Acqua, un’importante ricorrenza istituita agli inizi degli anni Novanta dalle Nazioni Unite (ONU). L’appuntamento annuale mira a sensibilizzare e ispirare all’azione per affrontare le sfide legate alla crisi idrica e igienico-sanitaria, portando alla luce ogni anno un nuovo tema centrale. 

Per il 2024, il tema scelto è “Leveraging water for peace” (“L’acqua per il raggiungimento della pace”), un richiamo alla necessità di utilizzare la risorsa idrica come strumento per promuovere la pace e la cooperazione internazionale. 

“Acqua e pace”: il tema scelto per il 2024 

In un particolare periodo geopolitico caratterizzato da crescenti tensioni e da cambiamenti climatici sempre più evidenti, l’acqua riveste un ruolo cruciale nel promuovere la pace e la stabilità.  

Più di 3 miliardi di persone nel mondo dipendono dalle risorse idriche che attraversano confini nazionali: sono 153 i Paesi che condividono fiumi, laghi o falde acquifere, ma solo 24 di questi dichiarano di avere accordi di cooperazione internazionale. La scarsità e l’inquinamento dell’acqua possono, inoltre, aumentare le tensioni tra le comunità e i Paesi, rendendo fondamentale una cooperazione transfrontaliera per affrontare le sfide comuni legate alla gestione delle risorse idriche. 

Idrodiplomazia: utilizzare l’acqua come strumento per la pace

L’idrodiplomazia si configura come un approccio strategico che mira a utilizzare la risorsa idrica come mezzo per promuovere la pace e la cooperazione internazionale.  

La cooperazione in materia d’acqua può, infatti, aiutare le popolazioni a mitigare e ad adattarsi a un clima che cambia, insegnando e provvedendo a gestire tali cambiamenti. Solo nel nostro paese, i tragici eventi dovuti alle alluvioni del 2023 sono costati oltre 400 milioni di euro: la cooperazione in materia di acqua rappresenta, in questi casi, fattore essenziale per la salute umana e per la prosperità pubblica e la lotta allo spreco, nonché una resistenza vitale agli eventi meteorologici estremi. 

Ma l’idrodiplomazia deve tradursi anche su piccola scala, per una “piccola pace”, quella delle comunità locali: la risorsa idrica risulta ancora un tema divisivo che, se non divulgato in maniera corretta, può generare conflitto tra cittadini e istituzioni. Ancora troppo scarsa è la conoscenza della gestione idrica all’interno delle comunità, per questo ogni giorno, come Egato, ci impegniamo a rendere quanto più trasparente possibile il miglioramento del Servizio Idrico grazie al contributo sinergico dei cittadini e dell’Unione Europea. 

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Oppenheimer trionfa agli Oscar: ma quali furono le conseguenze idriche del Progetto Manhattan? 

Progetto Manahattan

La scorsa notte, il film di Cristopher Nolan “Oppenheimer” ha trionfato a Los Angeles vincendo ben 7 premi Oscar su 13. Un eccezionale contributo al cinema dietro al quale si nasconde una storia intricata e controversa, quella del Progetto Manhattan, lo stesso che ha portato alla creazione della bomba atomica. 

Il Progetto, sviluppato durante la Seconda Guerra Mondiale, rappresentò un passo epocale nella storia dell’umanità, ma con esso giunsero conseguenze che spesso restano nell’ombra: quelle sulla risorsa idrica sono solo un esempio 

Il Progetto Manhattan: quali risvolti sulle acque americane? 

Il Progetto Manhattan rappresentava un’iniziativa degli Stati Uniti per lo sviluppo dell’arma nucleare. Condotta in gran segreto durante la Seconda Guerra Mondiale, coinvolse un vasto numero di scienziati, ingegneri e lavoratori impegnati nella produzione di armi atomiche. Tuttavia, nel fervore della corsa all’arma nucleare, la tutela delle risorse idriche non fu una priorità.  

Non vi era un piano definito per proteggere le acque circostanti durante i test nucleari e, infatti, la scoperta di contaminazione delle acque non fu immediata né prioritaria per coloro che organizzarono il progetto. L’attenzione fu rivolta allo sviluppo dell’arma e, sebbene vennero scelti luoghi deserti e lontani dalle cittadine abitate, poco tempo venne dedicato alle considerazioni per le conseguenze ambientali. 

Negli anni successivi ai test nucleari vennero condotti studi e ricerche per valutare l’impatto ambientale delle esplosioni atomiche. Fu così che scienziati e i ricercatori hanno iniziato a rilevare livelli elevati di radiazioni nelle acque superficiali e sotterranee nelle vicinanze dei siti di test, registrando un chiaro segnale di contaminazione. 

Nel monitoraggio e nella verifica della contaminazione delle acque furono coinvolti vari attori, tra cui istituzioni governative, agenzie di protezione ambientale e istituti di ricerca scientifica. Questi utilizzarono tecniche di campionamento e analisi per misurare i livelli di radiazioni nelle acque e valutare il loro impatto sulla salute umana e sull’ambiente. 

Una volta confermata la contaminazione, vennero intraprese misure per mitigare i rischi e proteggere la popolazione e gli ecosistemi dalla esposizione alle sostanze radioattive. Tuttavia, gli effetti a lungo termine della contaminazione radioattiva hanno continuato a rappresentare una sfida per decenni, richiedendo un monitoraggio costante e sforzi di bonifica per ripristinare la qualità delle acque colpite. 

Quali sono gli effetti di una bomba atomica sulle risorse idriche circostanti? 

L’impatto che una bomba atomica può avere sulle risorse idriche circostanti è devastante. Le esplosioni nucleari, infatti, rilasciano una vasta gamma di materiali radioattivi nell’ambiente, tra cui isotopi di stronzio, cesio e plutonio, che contaminano le acque superficiali, sotterranee e marine. 

Le radiazioni provenienti da test e da bombe nucleari contaminano direttamente i corpi idrici vicini, come fiumi, laghi e oceani, rendendoli inadatti all’uso umano e agli ecosistemi acquatici. Le sostanze radioattive possono accumularsi nei sedimenti acquatici e nella catena alimentare, con effetti dannosi su pesci, piante acquatiche e animali che dipendono da tali habitat. 

Inoltre, le radiazioni possono infiltrarsi nel terreno e nelle falde acquifere sotterranee, compromettendo la qualità dell’acqua potabile e l’accesso a risorse idriche sicure per le comunità locali. Le persone esposte a tali contaminazioni possono incorrere in gravi problemi di salute, compresi il cancro, le malattie cardiache e le anomalie congenite, causate dall’assunzione di acqua o cibo contaminati. 

Oltre agli effetti diretti sulle risorse idriche, le armi nucleari sono in grado di produrre un fallout radioattivo che contamina l’aria e le precipitazioni, aumentando ulteriormente il rischio di inquinamento delle risorse idriche attraverso il deposito di radionuclidi sulle superfici acquatiche. 

Oggi celebriamo un film che farà la storia del cinema e ricordiamo la scoperta di uno scenziato che la storia – nel bene e nel male – l’ha gia scritta. Tutto questo, però, ci insegna una lezione: qualunque siano le cause, la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico devono e dovranno essere guidati da un profondo rispetto per l’ambiente e le risorse naturali.

Art4Sea: la consapevolezza attraverso l’arte

Art4Sea

Art4Sea è un progetto nato a febbraio 2022 nell’ambito dei finanziamenti europei del Programma Creative Europe (CREA), che promuove l’incontro di diverse forme d’arte, tra cui quella digitale, performativa, street, urban e la scultura, le scienze naturali, la biologia marina e la tecnologia.

L’intento è quello di aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica e dei privati sullo stato attuale del benessere dei nostri oceani, oltreche informare su inquinamento marino e i cambiamenti climatici. Un’iniziativa che rientra all’interno della cornice della Decade of Ocean Science for Sustainable Development delle Nazioni Unite, ovvero “il decennio del mare”. Dal 2021 fino al 2030, il programma intende guidare i paesi aderenti nel loro percorso di raggiungimento dell’Obiettivo 14 dell’Agenda 2030: Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.

Art4Sea: conoscere il Mediterraneo

Finanziato nell’ambito del Programma Creative europe (Crea) – Call Crea-Cult-2022-Coop, il progetto vuole essere uno strumento per favorire innovazione e accrescere una Ocean Literacy del Mediterraneo. Sarà implementato attraverso il programma Artists-in-Residence su tre piccole isole del Mediterraneo: Ustica, Alonissos e Gozo.

Sette i partner europei coinvolti: 3D Research (società spin-off dell’Università della Calabria), Atlantis Consulting (società di consulting greca), Bashkia Vlore (città costiera in Albania), Agencia Estatal Consejo Superior De Investigaciones Científicas (il più grande centro di ricerca marina spagnolo), Divers Alert Network Europe Foundation (società che fornisce assistenza ai sommozzatori con sede a Malta), iWORLD (società italiana nell’ambito dell’ICT) e Sebastiano Tusa Foundation (fondazione italiana impegnata nella salvaguardia del patrimonio culturale subacqueo).

Art4Sea prevede momenti di co-produzione, tutoraggio e formazione sia di persona che a distanza, una modalità ibrida pensata per unire il bisogno di avere interazioni fisiche con quello di abbassare i costi e l’impatto ambientale risultato dal dover coprire distanze notevoli con una certa frequenza. Una vera chiamata a raccolta creativa che, attraverso il bando Call Artists in Residence, porterà alla selezione di 24 artisti, per costruire insieme un modello di cooperazione internazionale e multidisciplinare. Otto artisti per ogni isola, scelti tra esperti di arte fisica (arte ecologica, scultura, street art, ecc), fisica subacquea (scultura) e digitale (3D, immagini digitali, AI art, ecc), lavoreranno a stretto contatto con la comunità locale, al fine di creare delle opere che siano il risultato di una vera consapevolezza del territorio.

Le tre tappe del progetto

Il progetto prenderà vita a inizio 2024, con una prima fase dedicata alla formazione degli artisti per quanto riguarda la conservazione delle acque e la creazione di opere davvero sostenibili anche in ambito digitale.

La seconda fase, invece, della durata di 7 giorni, è quella che prevede l’effettiva permanenza degli artisti sulle isole, dove avranno l’opportunità di immergersi nella bellezza di questi luoghi e scoprirne la storia e il patrimonio artistico e naturale, partecipando anche a lezioni e workshop e interagendo anche con la comunità locale.

Infine, l’ultima fase della Call avrà luogo nel 2025, quando le opere fisiche realizzate verranno finalmente esposte, integrandole nei paesaggi marini, naturali ed architettonici di Ustica, Alonissos e Gozo e creando, dunque, dei veri e propri musei a cielo aperto e subacquei.

Le opere, sia digitali che fisiche digitalizzate, verranno presentate online, in una mostra virtuale (su web e Metaverso), e fisicamente sulle tre isole e al Vision Multimedia Center di Vlora, in Albania.

I tre luoghi diverranno, tramite Artists in Residence, un vero e proprio punto di riferimento nell’ambito della preservazione delle nostre acque e, si spera, il punto di partenza per molti altri progetti che, come questo, possano sensibilizzare le persone e creare qualcosa di duraturo e davvero sostenibile.

La Casa dei Pesci: quando l’arte preserva la biodiversità

A Talamone, frazione del più noto comune toscano di Orbetello, si è sviluppato un progetto unico nel suo genere, almeno per quanto riguarda le coste della nostra penisola: La Casa dei Pesci, un museo sottomarino contenente circa 40 sculture.

L’organizzazione non profit, che in questi giorni ha catturato l’attenzione generale, nasce da un’idea di Paolo Fanciulli nel 2006. In quell’anno, insieme a diverse associazioni ambientaliste e alla Regione Toscana, l’uomo si attiva per calare sul fondo del Mediterraneo grosse bitte di cemento, un primo deterrente alla pesca a strascico

L’iniziativa, grazie al suo successo, attira fin da subito le attenzioni dei media su Fanciulli, che si trova a fare però i conti con un’ulteriore realtà, quella della mafia locale. È, infatti, la malavita grossetana che si attiva per impedirgli di continuare la sua attività da pescatore, sperando di far desistere – seppur senza successo – l’uomo. 

Fanciulli, che fin da ragazzo pesca in quelle zone, inizia a opporsi a questa pratica già negli anni ‘80 a causa degli evidenti effetti negativi non solo sul fondale marino ma anche sui piccoli pescatori locali. Proprio per questa ragione, piuttosto che rinunciare al suo obiettivo, insieme all’amico Ippolito Turco, attuale presidente de La Casa dei Pesci, ampliano ulteriormente il loro progetto. Con la speranza di attirare maggiore attenzione ed estendersi oltre le coste di Talomone, i due decidono di includere nell’iniziativa una serie di artisti disposti a creare delle sculture da posizionare sul fondale. 

Per riuscire nella loro impresa, si rivolgono in primo luogo alle cave di Carrara, nella speranza di ottenere alcuni blocchi ma, ben oltre le loro iniziali speranze, Franco Barattini, alla guida della famosa cava Michelangelo, ne dona all’organizzazione ben cento. 

Da quel momento una serie di scultori, tra cui la britannica Emily Young e gli italiani Massimo Catalani, Giorgio Butini, Massimo Lippi e Lea Monetti, come anche altri nomi nazionali ed internazionali, iniziano a realizzare le opere. Oggi se ne contano 40 concluse e altre 12 attualmente in attesa di raggiungere i fondali – che è possibile visitare tramite immersioni solitarie o organizzate. 

ll progetto vuole ispirare la Penisola. La pesca a strascico, pratica che in Italia è illegale entro tre miglia dalla costa o laddove la batimetria è superiore a 50 metri, è infatti tra le pesche più dannose per l’ecosistema poiché danneggiando il fondale ne mette a repentaglio la biodiversità. 

Ad esempio, specie come la Posidonia Oceanica, pianta marina indispensabile per la vita di moltissime specie e in grado di assorbire 15 volte il quantitativo di anidride carbonica assorbito da un’area della stessa dimensione della foresta Amazzonica, continuano a essere  devastate da questa pratica e difficilmente torneranno ad accrescere la loro diffusione. 

Per questo progetti come La Casa dei Pesci, congiunti in una collaborazione diffusa tra pescatori, cittadini e industrie, potranno nel lungo periodo lavorare per la salute dei mari e il ripopolamento dei loro fondali.

Mediterraneo e crescita della temperatura: è un segnale di allarme? 

Temperatura mediterraneo

Con il 2023 abbiamo raggiunto la più alta temperatura mai registrata delle acque superficiali del Mediterraneo. Un picco che raggiunge i 28,4 °C, superando la soglia storica di 28,25 °C registrata nell’agosto del 2003. I dati, registrati dal Servizio europeo per i cambiamenti climatici di Copernicus (C3S), rappresentano una sinesi dell’innalzamento delle temperature che, proprio in questi mesi, ha fatto sì che venisse introdotto nel linguaggio mediale il concetto di “ebollizione globale”. 

Ma quali sono le ragioni dietro il surriscaldamento del mare e degli oceani e quali le sue conseguenze?

Aumenta la temperatura del Mediterraneo: come è possibile?

I picchi registrati durante l’estate del 2023, in particolare nell’Europa Meridionale, si sono tradotti nell’innalzamento delle temperature del Mare Nostrum.  

Tra le principali motivazioni troviamo la crescita delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, principalmente di anidride carbonica (CO2) derivata dalle attività umane. L’ossidazione di combustibili fossili (come carbone, petrolio e gas naturale) per la produzione di energia, infatti, emettono grandi quantità di CO2 nell’atmosfera. Inoltre, le attività agricole e alcuni processi industriali producono grandi quantità di metano e ossido nitroso, altrettanto nocivi se rilasciati in grandi quantità. 

Questi gas intrappolano il calore proveniente dal sole nell’atmosfera terrestre, amplificando l’effetto serra naturale e provocando un aumento della temperatura globale. Poiché gli oceani e i mari, per natura, assorbono e distribuiscono il calore nel sistema climatico, l’innalzamento dei gradi centigradi ha esiti negativi sul clima del pianeta e sui suoi ecosistemi. 

Quali saranno le conseguenze?

Per avvertire le conseguenze del surriscaldamento dei mari non dovremo guardare a un futuro lontano: in realtà, queste sono visibili già da molti anni e continuano ad amplificarsi e a rendersi sempre più evidenti. 

Se, come anticipato, mari e oceani sono responsabili di regolare il clima globale, allora non sorprende constatare come le più importanti anomalie ad oggi registrate abbiano avuto un impatto sul rischio di nubifragi, sullo sviluppo di piccoli uragani, tifoni e “bombe d’aria“. Come evidenziato dal Scientific Reports di Nature, l’interazione aria-mare influenza il sistema di precipitazione, il suo ciclo di vita, la sua severità e la velocità di propagazione. 

Ma quelle metereologiche non sono le uniche conseguenze. Tra i primi e più evidenti effetti del riscaldamento dei mari troviamo, infatti, il rapido scioglimento dei ghiacci polari e delle calotte glaciali. Questo evento ha portato all’innalzamento dei mari, minacciando le comunità costiere e le infrastrutture. Uno studio condotto dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) ha mostrato che, nel territorio pontino, il lido di Latina, le spiagge di Sabaudia e le zone umide del Parco Nazionale del Circeo rischiano di finire sotto acqua entro la fine del secolo

Non da meno sono gli esiti registrati sull’habitat e sugli ecosistemi. Molte specie animali sono costrette a spostarsi verso zone più fredde per sopravvivere, mettendo a repentaglio la biodiversità. In particolare, a essere sempre più vulnerabili ai cambiamenti troviamo i coralli, minacciati dal fenomeno di “sbiadimento”, o i molluschi e alcune specie di plancton che, a causa dell’acidificazione delle acque dovuta alla crescita della temperatura, vedono danneggiati i propri gusci. A sua volta, questo fenomeno può generare un pericoloso circolo vizioso, basti pensare che, proprio queste specie sono alla base della dieta di molti animali che abitano i mari.

Il cambiamento climatico implica un cambio di passo

La sfida che ci troviamo ad affrontare è molto grande: richiede un impegno totale e congiunto. Ridurre le emissioni di gas serra diventa, dunque, fondamentale. Questo è possibile anche attraverso alcune iniziative autonome come la transizione verso energie rinnovabili, il passaggio ad una mobilità sostenibile e l’integrazione di piccoli gesti di cura e rispetto verso l’habitat che ci circonda. Solo con azioni concrete e costanti, infatti, possiamo sperare di invertire un processo tutt’ora in corso e proteggere l’ambiente marino e terrestre.

Sprechi idrici in estate? Cambia le tue regole!

Estate 5 consigli per risparmia acqua

Con l’estate e l’aumento delle temperature, il consumo di acqua accresce senza, però, togliere spazio agli sprechi. Con Egato 4 Latina ci impegniamo da sempre a tutelare la risorsa idrica e ad aiutare i cittadini ad apprendere buone pratiche di utilizzo.

Ecco, quindi, 5 semplici consigli che potranno aiutarti a risparmiare questa preziosa risorsa durante il periodo estivo:

1. Riutilizza l’acqua di scarto dei tuoi elettrodomestici

Aria condizionata e deumidificatori possono salvarti dal caldo estremo, ma è possibile rendere questi due alleati più sostenibili? Un metodo semplice e pratico è quello di raccogliere l’acqua di scolo prodotta per riutilizzarla nei nostri ferri da stiro.

2. Un lavaggio a freddo

Si sa, l’utilizzo degli elettrodomestici, in particolare delle lavatrici, accresce con l’alzarsi delle temperature. Per avere vestiti sempre freschi e puliti, avvia lavaggi brevi, eco e a basse temperature. Inoltre, assicurati di avere in casa elettrodomestici appartenenti alla classe A++ o A+++, risparmierai anche nel consumo energetico!  

3. Tieni d’occhio la piscina

Se possiedi una piscina, sia questa interrata o semplicemente gonfiabile, coprila quando non la utilizzi o di circondala con una siepe così da creare una zona ombreggiata. In questo modo, ridurrai la quantità di acqua che potrebbe evaporare a causa del caldo.

4. Una cura intelligente del giardino

Se possiedi un giardino o uno spazio esterno ricco di piante, dedica del tempo per irrigare durante le prime ore di luce del mattino o al tramonto. In questo modo il terreno potrà assorbire l’acqua più agevolmente e ne eviterà l’evaporazione.

5. Una doccia al volo

È ormai risaputo: preferire una doccia a una vasca permette di risparmiare una grande quantità di litri di acqua! Questo è consigliabile soprattutto d’estate: l’acqua è un buon modo per rinfrescarsi, ma ricordati di utilizzarla in maniera rispettosa. Quando ti lavi, chiudi il getto d’acqua mentre ti insaponi e riaprilo soltanto per pochi minuti. Ricorda: una doccia di 5 minuti richiederà un quantitativo di ben 50 litri!

Una volta messi in pratica tutti i consigli, non dimenticarti di tenere d’occhio la bolletta: è possibile, infatti, che gli sprechi non derivino dal tuo utilizzo, ma da perdite o tubature vetuste. Un improvviso aumento dei tuoi pagamenti sarà un allarme da non ignorare!

Credi di conoscere già tutto sul risparmio idrico? Prova il nostro quiz e scopri nuovi modi di utilizzo sulla nostra pagina di consigli!

Un’onda di “blu” per la Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo

Mare Nostrum” è il modo in cui veniva definito il Mediterraneo ai tempi dell’Antica Roma.
È il “nostro mare” e l’8 luglio se ne celebra la giornata: istituita nel 2014 con la collaborazione di Earth Day Italia e il supporto della Marina Militare Italiana, la Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo nasce con lo scopo di stimolare l’interesse verso la sua salute e di sensibilizzare sui pericoli causati dall’inquinamento, dalla pesca eccessiva e dalla perdita degli habitat costieri.

Il Mediterraneo rappresenta soltanto l’1% dell’intera superfice oceanica ma, nonostante ciò, presenta una notevole biodiversità, con più di diecimila specie marine e una grande diversità di ecosistemi da salvaguardare.

Infatti, nonostante la numerosa quantità di “vita” che anima i suoi fondali, il mare è minacciato ogni giorno da pesca intensiva, prodotti chimici, ricerca di combustibili fossili e trasporti marini. A questo si aggiunge l’enorme quantità di rifiuti accumulati: il Mediterraneo “accoglie” oltre il 70% di rifiuti gettati in acqua tra i quali, come viene indicato da Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale (ISPRA)
, il 77% è plastica. L’impatto non è da poco: i rifiuti e, in particolare, la plastica possono rimanere nell’ambiente per centinaia di anni, attaccando la fauna marina (che spesso ingerisce i rifiuti o viene ferita da questi ultimi), portando alla contaminazione della catena alimentare marina (e, di conseguenza, umana) e impattando sugli ecosistemi costieri- si stima che sulle nostre spiagge sia presente una media di 400 rifiuti ogni 100 metri.

ISPRA, proprio in occasione di questa giornata, nel 2021 ha realizzato il documentario “Colori profondi del Mediterraneo” per far conoscere a tutti cosa si nasconde sotto la sua superfice e per stimolare a proteggere la ricchezza che ospita.

La giornata è volta, quindi, a promuovere la conservazione e la protezione del mare e dei suoi fondali attraverso l’implementazione della “blue economy, una vasta gamma di azioni volte a preservare l’ambiente marino e a garantire il benessere delle comunità costiere. Tra gli esempi di blue economy: il trasporto marino a basso impatto, la pesca e l’acquacultura sostenibile, l’energia marina rinnovabile e una gestione equa e strategica delle risorse.

Per poter sviluppare questi gesti sarà però necessaria la collaborazione tra i paesi che affacciano sul Mare Nostrum, oltreché a quella delle organizzazioni internazionali, delle istituzioni scientifiche e, non di meno, della società civile. Quale miglior occasione per generare un “onda di blu”?

World Water Day 2023: i progressi compiuti e le sfide da affrontare

World Water Day

Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie” è il 6° Obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Oggi, per la Giornata Mondiale dell’Acqua, è necessario soffermarci a riflettere su quanti progressi reali sono stati compiuti per raggiungerlo.

Il World Water Day nasce nel 1992 durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) e ogni anno viene celebrato il 22 marzo attraverso un tema specifico inerente alla risorsa idrica. Per il 2023 è stato scelto quello dell’”accelerazione al cambiamento per risolvere la crisi idrica e igienico-sanitaria, con l’auspicio di coinvolgere non solo le istituzioni, ma anche le imprese e i cittadini nell’impegno ad accelerare la transizione. Ma non solo questo: durante questa giornata è necessario ricordare quanto l’acqua possa minare i progressi su alcune delle principali questioni globali.

Sebbene nel mondo ci siano più di 1,3 miliardi di km3 di acqua, soltanto il 3% di questa è acqua dolce contenuta in ghiacciai, falde e laghi. Ciò significa che ottenerne l’accesso possa risultare molto complesso. Non a caso, sono più di 2 miliardi le persone che oggi vivono in condizioni di carenza idrica. Ciò può avere dei risvolti negativi su diritti ritenuti fondamentali: oltre alla questione igienico-sanitaria, a essere colpite sono anche le lotte per la parità di genere, l’istruzione e l’occupazione lavorativa, finanche il mantenimento della pace locale e internazionale.

Ma dall’istituzione dell’Agenda 2030 (settembre 2015) niente è cambiato?

Alcuni piccoli passi

In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua sono state pubblicate numerose indagini sui progressi ottenuti in questi anni in cui istituzioni, imprese e cittadini hanno lavorato sinergicamente.

Un primo risultato si nasconde all’interno dell’opinione pubblica italiana. Un’indagine di IPSOS sottolinea come l’impegno del nostro Paese verso la tutela dell’acqua è molto aumentato negli ultimi anni. Tra gli intervistati, il 77% ha dichiarato di provare a ridurre il più possibile lo spreco d’acqua nella propria quotidianità, il 41% di essere cosciente della crescente scarsità di acqua e il 31% di essere d’accordo con le previsioni del World Resources Institute secondo cui l’Italia entro il 2040 vivrà in una condizione di stress idrico (a fronte di un 34% nel 2022).

Ma l’autocoscienza dei cittadini italiani è stata accompagnata anche da dati ambientali in rialzo. Il rapporto “Water Economy in Italy” dell’Osservatorio Proger, presentato nella giornata di ieri al Senato della Repubblica, ha sottolineato come la piovosità in Italia sia ancora a buoni livelli – con una media di 301 miliardi di m3 di pioggia all’anno su scala nazionale. La Penisola si colloca, quindi, al 5° posto in Europa per quantità di precipitazione, con Milano prima in Europa per piovosità e Roma che conta un maggior numero piogge rispetto a Londra.

Solo buone notizie?

Purtroppo no. A fronte di quanto dichiarato dagli italiani, non è possibile evitare di sottolineare che ancora oggi il nostro paese primeggi sul podio dei maggiori sprechi. È ancora IPSOS a indicare un utilizzo di 220 litri giornalieri pro-capite di acqua utilizzata a fronte dei 165 litri di media europea. E sebbene stia crescendo la consapevolezza del rischio idrico, il 46% dei cittadini non è ancora oggi cosciente degli sprechi che si registrano quotidianamente.

Inoltre, sebbene la misura delle piogge risulti in leggero miglioramento, il vero problema della Penisola è la capacità di utilizzo della risorsa idrica. Delle precipitazioni che bagnano il nostro paese, solo l‘11% è prelevato per usi civili, agricoli o industriali. Inoltre, come sottolinea l’Osservatorio Proger, la nostra rete idrica è a “colabrodo”: il 40% dell’acqua potabile prelevata, infatti, non arriva ai rubinetti delle case.

Per risolvere questi problemi, i governi dovranno lavorare quattro volte più velocemente per soddisfare l’obiettivo dell’Agenda 2030. Il loro impegno non servirà solo a garantire la tutela dell’utente, ma anche quella della risorsa idrica. Investire su gli Enti che quotidianamente si occupano di costruire infrastrutture resilienti è oggi fondamentale per ovviare alla dispersione delle acque. È quindi necessario capitalizzare le risorse, oltre che implementare delle modifiche legislative, così da permettere lo sviluppo di progetti tecnico-imprenditoriali per potenziare le capacità delle reti idriche e degli impianti. Oltre a ciò, gli sforzi dovranno soffermarsi anche sul rendere possibile il riuso delle acque reflue, la ricarica delle falde, fino alla possibilità di utilizzo dell’acqua di mare tramite la sua desalinizzazione.

Scopri alcuni consigli per risparmiare l’acqua: visita la casa e l’ufficio di Egato 4 Latina.

Non semplici corsi d’acqua: i fiumi come fonte di vita

Fiumi

Fonte di vita per specie animali e vegetali, uno dei più importanti ecosistemi della Terra e risorsa costantemente minacciata dall’attività umana: il fiume è molto più che semplice acqua corrente. Le sue funzioni sono notevoli e molto spesso sottovalutate.

Per questo il 14 marzo – come ogni anno dal 1997 – si celebra la Giornata Internazionale di Azione per i Fiumi, durante la quale è fondamentale sensibilizzare sui rischi che li vedono protagonisti, sui benefici che questi possono apportare alle comunità locali e sull’importanza della cooperazione internazionale per la gestione dei fiumi transnazionali.


I benefici apportati dai fiumi

Non ci si interroga mai abbastanza sulle funzioni che i corsi d’acqua possono apportare all’ambiente che ci circonda. Ne sottolineiamo solo alcune tra le più importanti, come ad esempio:

  1. Presentare un habitat ideale per la vita acquatica: i fiumi si presentano come terreno ottimale per molte specie acquatiche e insetti, creando un’enorme biodiversità che varia in base alla qualità delle sue acque;
  2. Regolare il clima: la risorsa fluviale riesce a regolare il clima locale attraverso il rilascio di vapore acqueo nell’atmosfera, provocando effetti rinfrescanti sull’ambiente e contribuendo alla formazione di nuvole e precipitazioni. Inoltre, le piante e gli organismi acquatici che ospita permettono la produzione di ossigeno attraverso la fotosintesi, con un conseguente mantenimento di una buona qualità dell’aria;
  3. Controllare le inondazioni: questo è permesso grazie alla creazione di bacini idrografici naturali, ovvero zone di terreno che riescono a raccogliere e immagazzinare acqua, permettendo di ridurre la velocità di deflusso e prevenendo le inondazioni. Oltre a questo, il fiume riesce a creare delle “aree di attenzione”, ovvero zone di terra a sé adiacenti che possono essere allagate durante le piene per ridurre il flusso di acqua e salvaguardare le zone abitate;
  4. Fornire acqua potabile: questa rappresenta una delle funzioni più conosciute, ma spesso ne viene sottovalutata l’importanza. Per le zone rurali, infatti, i fiumi rappresentano una fonte di acqua potabile fondamentale per le comunità che le abitano e che non dispongono di ulteriori approvvigionamenti idrici;
  5. Provvedere alle attività umane: un’attività tanto ovvia quanto fondamentale. I fiumi svolgono un importante sostentamento per le mansioni lavorative. Agricoltura, industria, pesca e turismo fluviale, la risorsa è utilizzata in molti campi, ciò che è importante sottolineare è il corretto utilizzo che deve esserne fatto per evitare gli impatti negativi sul suo ecosistema.


Quali minacce si trovano ad affrontare?

A proposito di impatti negativi, i fiumi vivono oggi circondati da numerosi rischi.

L’inquinamento da sostanze chimiche, rifiuti industriali o acque reflue non trattate è una delle più grandi minacce. Questa, infatti, non ha una ricaduta solo sulla salute di questa risorsa, ma anche su quella della vita che ospita, dei mari in cui sfocia e, non ultimo, su quella delle persone che vivono vicine ad essa.

Un ulteriore rischio presenta il nostro volto, quello umano. L’utilizzo intensivo dell’acqua fluviale nelle mansioni agricole, industriali e urbane ha portato a una vera e propria alterazione dei corsi di acqua naturali. A questo si aggiunge poi il cambiamento climatico, il quale sta causando una maggiore variabilità delle precipitazioni con conseguenti impatti sulla quantità e qualità dell’acqua. La siccità che abbiamo registrato negli ultimi anni ne è la prova: l’esaurimento delle risorse idriche è un problema crescente, soprattutto nelle regioni aride e semi-aride.

Tutto ciò ha, infine, un riscontro sulla biodiversità che vive i fiumi: a causa di tutti i rischi citati, molte specie animali sono oggi a rischio di estinzione.


Che cosa fare per salvaguardare la salute dei fiumi?

Con Egato 4 Latina da tempo valorizziamo i numerosi progetti che tutelano o hanno lavorato per salvaguardare la risorsa fluviale, ma crediamo che l’impegno debba essere quotidiano e debba coinvolgere l’intera comunità globale. Esistono, infatti, molte azioni che un cittadino può svolgere:

  • Ridurre l’inquinamento evitando di gettare nell’acqua i rifiuti;
  • Ridurre i fertilizzanti chimici e i pesticidi;
  • Salvaguardare l’erosione delle sponde promuovendo la piantagione di alberi e arbusti luogo le rive;
  • Sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso i propri canali e sostenere le organizzazioni ambientaliste che da anni si occupano di salvare queste risorse.

Ricordiamo che il nostro impegno quotidiano può fare la differenza per la salvaguardia dei fiumi e, conseguentemente, delle specie che la abitano e delle città che li affiancano.