OASII25 – Il futuro dei servizi idrici tra tecnologia e risorse 

PANEL: Risorsa idrica oggi tra tecnologia e innovazione

Gerardo Stefanelli: “L’acqua è un tema complesso e scomodo, ma centrale per la competitività nazionale. Purtroppo, il dibattito pubblico, sia locale che nazionale, sembra ancora non averlo capito” 

Manuela Rinaldi, Assessore Regione Lazio: “Stiamo lavorando alla costituzione di un ATO di regia regionale” 

Marco Casini, Segretario generale Autorità di Bacino: “Il Lazio sarà la prima regione ad avere un Bilancio idrico in Italia, ci stiamo lavorando e sarà pronto a breve”. 

Si è tenuto il 19 marzo presso il Castello Angioino di Gaeta la seconda edizione dell’Osservatorio acque dei servizi idrici integrati, co-organizzato dall’Egato 4 Lazio Meridionale – Latina e dall’Ordine degli ingegneri della Provincia di Latina, con il patrocinio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Regione Lazio, della Provincia di Latina, del Comune di Gaeta, della Fondazione Earth and Water Agenda e dell’Osservatorio Nazionale Tutela del Mare. 

L’evento, promosso dal presidente dell’Egato 4 Gerardo Stefanelli, ha permesso ai relatori di caratura nazionale di confrontarsi sul tema “Il futuro dei servizi idrici tra tecnologia e risorse”.  

Tra i tanti soggetti coinvolti: i rappresentanti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica; per la Regione Lazio l’Assessora Manuela Rinaldi e la Garante del Servizio idrico Manuela Veronelli, oltre al Direttore Area ciclo delle acque Nicola Marcucci; il Segretario dell’Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino Centrale Marco Casini; l’Agenzia Spaziale Italiana e Confagricoltura Lazio, oltreché grandi esperti del settore come il presidente di Earth and Water Agenda Foundation Erasmo D’Angelis, l’AD di ACEA Acque Francesco Buresti, Il presidente esecutivo ACEA Ato 5 Roberto Cocozza, il Presidente di Acqualatina Cinzia Marzoli e l’Amministratrice delegata di Acqualatina Patrizia Vasta.  

Il presidente di Egato 4 Lazio Meridionale – Latina Gerardo Stefanelli ha aperto i lavori spiegando che l’evento OASII25 “è nato da una doppia necessità, la prima istituzionale per dare voce agli Egato. È centrale il ruolo di indirizzo, monitoraggio e controllo degli enti di governo, ma è spesso totalmente sconosciuto ai cittadini. La seconda necessità è contingente: accelerare il processo di innovazione, consapevoli che non possiamo cambiare un deserto in un giorno. Ma di certo possiamo iniziare con un’oasi.” Il presidente ha continuato sottolineando ribadendo l’importanza di diffondere una cultura dell’acqua tra i cittadini e tra le stesse istituzioni “Oggi non mancano i dati, non mancano le tecnologie, manca però un intervento multisistemico. Bisogna fare rete e gli Egato possono essere il collante necessario”. 

Dopo i saluti istituzionali del Sindaco di Gaeta Cristian Leccese e del Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Latina Luca Di Franco e gli interventi dell’ingegnere Umberto Bernola di Egato 4 Latina e degli ingegneri Luigi Urbani e Paolo Soave di Egato 4 Frosinone che hanno illustrato lo stato dell’arte dei servizi idrici dei loro territori, nei successivi panel di giornata, sia il Dirigente dell’Ufficio di gestione finanziaria e contabilità del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica Francesco Loiero, sia l’esperta del Settore idrico Unità di Missione PNRR del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Sabina Tocci hanno fornito aggiornamenti importanti sugli investimenti relativi al PNRR e anticipato gli investimenti futuri del settore. 

L’Assessora regionale Manuela Rinaldi ai lavori pubblici, politiche di ricostruzione, viabilità, infrastrutture ha annunciato: “A differenza del passato quando esistevano maggiori particolarismi territoriali, oggi siamo tutti più maturi sul tema acqua. È il momento di trovare una soluzione all’eccessiva frammentazione della gestione idrica. Per questo motivo stiamo lavorando alla costituzione di un ATO di regia regionale. A breve avremo il disegno di legge”. 

Su questa scia, il Segretario Generale dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale Marco Casini ha anticipato che “il Lazio sarà la prima regione ad avere un Bilancio Idrico. Oggi si parla di transizione energetica, transizione digitale, ma dovremmo parlare anche di transizione idrica. Siamo in momento di grande trasformazione, il trend è positivo, ma lo scenario non sarà così roseo se non avremo più risorse erogate e non solo stanziate e, soprattutto, se non avremo chiari gli interventi prioritari. Il Bilancio Idrico ci dirà proprio questo in maniera puntuale e programmatica come mai prima d’ora”. 

La Garante del Servizio idrico integrato della Regione Lazio Manuela Veronelli ha offerto un altro punto di vista, quello dei cittadini, chiedendo ai gestori presenti “di rendere la bolletta di facile lettura per tutti gli utenti e, soprattutto, di fornire maggiori agevolazioni per le fasce più deboli” 

Altro punto di vista quello dell’agricoltura grazie all’intervento del Presidente di Confagricoltura Lazio Antonio Parenti che ha definito l’acqua come “la benzina delle nostre aziende” spronando istituzioni e gestori ad aiutare il settore agricolo nello “sfruttare maggiormente le acque reflue per l’irrigazione” e a gratificare “le aziende che riducono i consumi di acqua con delle soglie di premialità in bolletta”. 

Per i gestori, l’Amministratore Delegato di ACEA Acque Francesco Buresti ha invitato tutti a riflettere su come “oggi l’organizzazione del servizio idrico in Italia è inefficiente. Il paragone con il settore dell’energia o quello del gas è impietoso. Per la gestione dell’acqua esistono troppi soggetti e ciò rende impraticabile dare una dimensione industriale al settore. Se anche solo lo portassimo al numero delle regioni, già avremmo uno scenario più sostenibile”. 

Il Presidente Acqualatina Cinzia Marzoli ha invece sottolineato come sia necessaria “una maggiore sensibilizzazione a livello locale perché i sindaci sono la prima interfaccia con gli utenti” e ha aggiunto come sia “fondamentale creare una cultura dell’acqua partendo dall’educazione nelle scuole”. L’Amministratrice Delegata di Acqualatina Patrizia Vasta ha invece ripercorso tutti gli interventi in essere da parte del gestore soprattutto per quanto riguarda il recupero della dispersione idrica e la digitalizzazione delle reti, supportata dal Business Developer Almaviva Bluebit Massimo Ramazzotto che ha portato una case history proprio su Gaeta. Interventi illustrati anche dal Presidente esecutivo ACEA Ato 5 Roberto Cocozza per quanto riguarda il territorio della provincia di Frosinone, il quale ha anche parlato della centralità del recupero delle perdite amministrative “un’azione importante che ci ha permesso di far emergere 3.500 nuovi utenti che prima sfuggivano alla fatturazione e che, quindi, finivano per pesare sugli utenti onesti”. 

Tra gli interventi, particolarmente significativi quelli del Presidente di Earth and Water Agenda Foundation Erasmo D’Angelis che ha sottolineato come manchi ancora in Italia una cultura dell’acqua a livello istituzionale. “Le infrastrutture idriche non vengono considerate un sistema a rete”. Il Presidente dell’Associazione Infrastrutture Sostenibili Lorenzo Orsenigo, invece, “ha parlato della mission di AIS nel promuovere le misure di sostenibilità nella costruzione delle infrastrutture idriche”. Mentre Luigi D’Amato, tecnologo Ufficio osservazione della Terra dell’Agenzia Spaziale Italiana ha illustrato le applicazioni già in atto dei dati satellitare sulla gestione sostenibile delle risorse idriche: “Oggi possiamo monitorare la qualità delle acque, mappare le perdite, il consumo agricolo, monitorare i bacini idrici e i ghiacci, oltre al cambiamento climatico. L’obiettivo è l’analisi predittiva, grazie anche al potenziale dell’intelligenza artificiale”. Roberto Minerdo, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Tutela del Mare, ha invece denunciato come spesso i soggetti convolti non riescano a condividere le informazioni. C’è una grande produzione di dati che non vengono sfruttati, per questo eventi come OASII sono fondamentali per metterci in rete”.

Acqua in bottiglia o del rubinetto: qual è la scelta migliore?

acqua rubinetto bottiglia

Negli ultimi anni, il dibattito sull’acqua in bottiglia rispetto a quella del rubinetto si è intensificato, specialmente a causa delle crescenti preoccupazioni legate all’ambiente e alla salute. L’Italia è uno dei paesi con i maggiori consumi di acqua in bottiglia al mondo. Ma quale opzione è veramente la migliore?

Il consumo in Italia

Secondo l’ISTAT, nel 2022, ogni italiano ha consumato in media 206 litri di acqua in bottiglia all’anno, una cifra significativamente alta rispetto ad altri paesi europei. Ma perché gli italiani continuano a preferire l’acqua in bottiglia?

Uno dei motivi principali risiede nella percezione che sia più sicura e abbia un gusto migliore rispetto a quella del rubinetto. Questa convinzione è spesso legata a una scarsa fiducia nei controlli sulla qualità delle acque pubbliche, nonostante queste siano soggette a rigorosi controlli sanitari. Il Ministero della Salute e le autorità locali monitorano costantemente la qualità dell’acqua del rubinetto, garantendo la conformità ai parametri stabiliti dalle normative europee.

La qualità dell’acqua del rubinetto

Nonostante la diffusa percezione che l’acqua in bottiglia sia migliore, circa il 75% degli italiani riconosce la qualità dell’acqua della propria rete. La maggior parte delle risorse idriche potabili in Italia proviene da falde sotterranee protette, che garantiscono sia la purezza che la sicurezza. Tuttavia, solo il 29% della popolazione sceglie di bere acqua del rubinetto, evidenziando una discrepanza tra la consapevolezza della qualità e le abitudini di consumo.

L’impatto ambientale dell’acqua in bottiglia

Un aspetto cruciale nella scelta dell’acqua sono le ripercussioni che può avere sull’ambientale. L’acqua in bottiglia ha un impatto maggiore rispetto a quella del rubinetto, principalmente a causa della plastica utilizzata e dell’energia necessaria per produzione e trasporto. Al contrario, quella del rubinetto ha un’impronta ecologica molto più contenuta, poiché viene distribuita localmente tramite una rete idrica esistente.

La differenza nei costi

Considerando che una famiglia italiana media consuma circa 200 litri di acqua al mese solo per bere, il risparmio economico permesso dall’acqua del rubinetto può essere significativo. Quest’ultimo, infatti, ha un costo stimato di circa 0,0015 euro al litro, a fronte di un prezzo che varia da 0,20 a 0,50 euro per l’acqua in bottiglia.

In conclusione: quale acqua scegliere?

La scelta dipende da vari fattori, come la percezione personale della qualità, i costi e la consapevolezza ambientale. Tuttavia, i dati mostrano chiaramente che l’acqua del rubinetto è sicura, economica e ha un impatto ambientale significativamente minore rispetto all’acqua in bottiglia. In definitiva, bere acqua dal rubinetto rappresenta la scelta più sostenibile, senza compromessi sulla qualità e sulla sicurezza.

Fast Fashion: qual è l’impatto che ha la moda sulle risorse idriche?  

Fast fashion

L’industria della moda, in particolare quella del fast fashion ha un impatto significativo sull’ambiente e soprattutto sulle risorse idriche globali. Ogni anno tonnellate di acqua vengono usate per produrre vestiti a basso costo, alimentando un modello di consumo non più sostenibile per il nostro pianeta. 

Ma qual è il vero impatto che ha l’industria della monda sulle risorse idriche? 

Il consumo di acqua nel fast fashion 

Il fast fashion, anche detto “moda veloce” si basa su cicli di produzione rapidi e volumi elevati di indumenti prodotti, il che implica un enorme consumo di acqua. Secondo le stime, per produrre una singola maglietta sono necessari 2.700 litri d’acqua, mentre la produzione di un paio di jeans può richiedere fino a 10.000 litri. Anche i processi di tintura di un capo richiedono migliaia di litri di acqua oltre a sostanze chimiche che contaminano le riserve idriche.   

Inoltre, la maggior parte del cotone mondiale viene coltivato in paesi come la Cina, India, Pakistan e Brasile dove l’acqua dolce è già una risorsa limitata.  

Smaltimento dei rifiuti tessili e inquinamento idrico 

 Il fast fashion ha un impatto devastante sulle risorse idriche, non solo per l’enorme consumo d’acqua richiesto durante la produzione, ma anche per l’inquinamento causato dallo smaltimento inadeguato dei rifiuti tessili.

Gli indumenti accumulati nelle discariche illegali come quelle nel deserto di Atacama e a Dandora, una volta inceneriti rilasciano microfibre sintetiche e sostanze chimiche tossiche che si infiltrano nel terreno, contaminando le falde acquifere e compromettendo la qualità dell’acqua rendendola dannosa per gli ecosistemi locali. Inoltre, l’inquinamento delle risorse idriche può anche ridurre la disponibilità di acqua pulita per l’irrigazione e l’agricoltura, creando ulteriori problemi per le comunità locali e la loro sicurezza alimentare.

Ma in che altro modo si possono rilasciare le microplastiche nell’ambiente?  

L’impatto del lavaggio dei tessuti sintetici 

Gli indumenti del fast fashion sono principalmente composti da poliestere e altri materiali sintetici. Questi sono i primi responsabili delle microplastiche rilasciate nell’ambiente. Si stima che un singolo lavaggio può rilasciare fino a 700.000 microfibre che finiscono negli oceani e successivamente nella catena alimentare. L’industria del fast fashion, basata su prezzi bassi e poca qualità, promuove numerosi primi lavaggi. Di conseguenza, si stima che nei fondali marini siano presenti oltre 14 milioni di tonnellate di microplastiche che danneggiano la salute umana in secondo luogo.  

Soluzioni sostenibili per ridurre l’impatto idrico e ambientale 

Per affrontare l’impatto idrico del fast fashion è fondamentale promuovere alcune soluzioni sostenibili:  

  • Acquisti consapevoli: acquistare meno e puntare su capi di buona qualità, che durano nel tempo e contrastano le logiche della produzione intensiva dell’industria del fast fashion. 
  • Materiali sostenibili: preferire tessuti che richiedono meno acqua durante la produzione come il cotone biologico, il lino o materiali riciclati.  
  • Lavaggi meno frequenti: lavare i capi meno frequentemente e a basse temperature riduce il rilascio di microplastiche dai tessuti. Usare sacchetti per il bucato può aiutare a trattenere le microfibre.  
  • Riciclo e riuso: il riciclo e il riuso dei capi aiuta a ridurre i rifiuti tessili e l’inquinamento delle acque. È bene quindi favorire l’acquisto di capi di seconda mano piuttosto che capi fast fashion.  
  • Ridurre i rifiuti tessili: smaltire correttamente i vestiti ma soprattutto donare quelli che non si utilizzano più, riduce l’accumulo dei rifiuti tessili.  

Ognuno di noi può fare la propria parte per ridurre l’impatto sull’acqua e sull’ambiente. Scegliere una moda sostenibile e consapevole contribuisce a tutelare le risorse idriche per le generazioni future.  

Giornata Mondiale del Monitoraggio delle Acque: l’importanza di proteggere le nostre risorse idriche 

Monitoraggio acque

La Giornata Mondiale del Monitoraggio delle Acque, celebrata ogni anno il 18 settembre, è un evento globale che mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della qualità e della gestione delle risorse idriche.  

Promossa per la prima volta nel 2003 dall’America’s Clean Water Foundation, questa giornata offre un’opportunità unica per evidenziare il ruolo cruciale che il monitoraggio delle acque svolge nel mantenere sano il nostro pianeta e le sue risorse.  

Egato, come ente provinciale, si sente parte di questo processo.  

Ma qual è il suo ruolo e cosa si intende per “monitoraggio delle acque”?  

Cos’è il Monitoraggio delle Acque? 

Il monitoraggio delle acque prevede la raccolta e l’analisi di dati relativi a parametri fondamentali per determinare la qualità dell’acqua, come il pH, la presenza di contaminanti chimici o biologici, e il livello di ossigeno disciolto.  

Queste informazioni permettono di comprendere lo stato di salute di fiumi, laghi, mari e falde acquifere, e di agire per preservare le risorse idriche in modo sostenibile. Il monitoraggio è essenziale non solo per prevenire l’inquinamento, ma anche per garantire l’accesso sicuro all’acqua potabile e proteggere gli ecosistemi naturali. 

Perché il Monitoraggio delle Acque è Fondamentale? 

Il monitoraggio delle acque è vitale per proteggere le nostre risorse idriche da minacce crescenti come l’inquinamento e il cambiamento climatico. L’inquinamento da plastica, metalli pesanti e sostanze chimiche può compromettere gravemente la qualità dell’acqua e la salute degli ecosistemi.  

Per esempio, le falde acquifere e i fiumi locali sono spesso a rischio a causa dell’agricoltura intensiva, delle attività industriali e dell’inquinamento urbano. Il monitoraggio permette di individuare e affrontare tempestivamente queste problematiche, proteggendo la salute pubblica e garantendo un accesso sicuro all’acqua potabile. 

Inoltre, cambiamenti climatici, come la siccità e le inondazioni, alterano i cicli naturali dell’acqua, aggravando la scarsità delle risorse e compromettendo la qualità dell’acqua disponibile. In questo contesto, il monitoraggio diventa uno strumento chiave per rilevare in anticipo eventuali cambiamenti negli ecosistemi idrici e attuare misure preventive efficaci. 

L’Importanza del Monitoraggio delle Acque per Egato 

Per un ente come Egato 4, che svolge un ruolo cruciale nella gestione del Sistema Idrico Integrato (S.I.I.), la Giornata Mondiale del Monitoraggio delle Acque assume un valore ancora più significativo.  

Il compito dell’Ente, tra le altre cose, è anche garantire che l’acqua utilizzata dai cittadini sia sempre sicura e di qualità, monitorando costantemente le risorse idriche locali e intervenendo in caso di problemi.  

 Questo lavoro permette di prevenire criticità legate all’inquinamento idrico e assicura una gestione efficiente e trasparente del servizio idrico per i cittadini. 

Calcare nell’acqua: mito o minaccia per la salute? 

calcare

Il calcare è un deposito di minerali, principalmente costituito da carbonato di calcio e magnesio, che si forma naturalmente quando l’acqua dura evapora o viene riscaldata.  

L’acqua dura è ricca di questi minerali, che vengono disciolti durante il suo percorso attraverso strati di calcare. Il calcare è molto comune nelle aree dove l’acqua ha un elevato contenuto di minerali, e può lasciare segni visibili su superfici come rubinetti, lavandini e bollitori.

Ma che risvolto ha sulla nostra salute?

Il Calcare è nocivo per la salute umana? 

Una domanda frequente è se l’acqua contenente calcare, ovvero acqua dura, sia pericolosa per la salute.  

La risposta è no. In realtà, il calcare non è dannoso per il nostro organismo. Il carbonato di calcio e magnesio presenti nell’acqua dura sono minerali essenziali per la nostra salute. Studi confermano che non vi sono controindicazioni nel bere acqua dura se rispetta sempre i parametri di potabilità stabiliti per legge

Non solo il calcare non è pericoloso, ma il consumo di acqua ricca di calcio e magnesio può addirittura apportare benefici al corpo, contribuendo alla salute delle ossa e riducendo il rischio di malattie cardiovascolari. 

E per le tubature? 

Se il calcare non rappresenta un problema per la salute umana, lo stesso non si può dire per le tubature e gli elettrodomestici. Questo può accumularsi all’interno degli impianti idrici e ridurre la portata dell’acqua, portando a un aumento del consumo energetico e dei costi di manutenzione.  

Col tempo, può causare danni ai rubinetti, agli elettrodomestici come lavatrici e lavastoviglie, e persino agli impianti di riscaldamento. Questi depositi di calcare possono compromettere l’efficienza delle tubature e richiedere interventi di riparazione costosi. La prevenzione e la pulizia regolare delle incrostazioni sono fondamentali per mantenere un sistema idrico efficiente. 

Prevenire ed eliminare il calcare in modo sostenibile 

Esistono diversi modi per prevenire e rimuovere il calcare, molti dei quali rispettosi dell’ambiente. L’uso di filtri anticalcare è una delle soluzioni più comuni. Questi dispositivi, che possono essere installati direttamente sui rubinetti o sugli elettrodomestici, riducono la concentrazione di minerali nell’acqua.  

Altri metodi ecologici includono l’uso di aceto bianco o limone per rimuovere le incrostazioni su superfici domestiche, poiché questi prodotti naturali sono sicuri per l’ambiente e facilmente reperibili.  

Evitare prodotti chimici aggressivi è fondamentale per proteggere sia l’ambiente che la salute umana, garantendo allo stesso tempo una pulizia efficace. 

Giornata Mondiale dell’Ambiente 2024:  “Ripristino della Terra, Desertificazione e Resilienza alla Siccità”

Il 5 giugno si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente, istituita dalle Nazioni Unite nel 1972 e diventata un evento globale che richiama l’attenzione sulle sfide ambientali. 

Come per ogni anno, anche nel 2024 è stato scelto un tema specifico che ha voluto porre l’attenzione sulla degradazione del suolo e sulla siccità, facendo un appello alle nuove generazioni per un ripristino della salute del nostro pianeta. 

“Ripristino della Terra, Desertificazione e Resilienza alla Siccità”: il tema del 2024 

Il tema del World Environment Day 2024 è stato scelto per mettere in luce l’urgenza di affrontare la desertificazione e migliorare la resilienza alla siccità. Questi problemi sono strettamente legati al cambiamento climatico e alla gestione insostenibile delle risorse naturali.  

L’hashtag ufficiale della campagna, #GenerationRestoration, invita tutti a unirsi agli sforzi globali per ripristinare gli ecosistemi degradati e promuovere pratiche sostenibili che possano mitigare gli effetti della siccità e della desertificazione. 

In tutto questo, rientra anche il ruolo cruciale dell’acqua: desertificazione e siccità rappresentano, infatti, gravi minacce per le risorse idriche, compromettendo la disponibilità di acqua potabile e l’agricoltura. La sua gestione sostenibile è essenziale per garantire la sicurezza idrica e alimentare, nonché per sostenere la biodiversità e i servizi ecosistemici. 

Soluzioni per una gestione “naturale” dell’acqua e l’Iniziativa “Our Blue World” 

Le soluzioni basate su interventi in natura possono giocare un ruolo chiave nel ripristino delle terre degradate e nella gestione sostenibile delle risorse idriche. Ripristinare le zone umide, ad esempio, può migliorare la ricarica delle falde acquifere e ridurre l’impatto della siccità.  

Inoltre, promuovere pratiche agricole sostenibili e la riforestazione può aiutare a mantenere l’umidità del suolo e prevenire l’erosione.  

Ma l’azione umana può andare oltre: nel 2024 il documentario “Our Blue World“, prodotto da Brave Blue World, esplora le innovazioni nel campo della gestione delle risorse idriche e mette in evidenza come la tecnologia e le soluzioni naturali possano lavorare insieme per proteggere le risorse idriche globali. Il film offre una visione ispiratrice delle possibilità che abbiamo di creare un futuro più sostenibile. 

Egato 4 Lazio Meridionale – Latina prende parte all’appello delle Nazioni Unite: “non possiamo tornare indietro nel tempo, ma possiamo far crescere le foreste, far rivivere le fonti d’acqua e ripristinare i suoli”.  

Per saperne di più sulla Giornata Mondiale dell’Ambiente e su come partecipare alla campagna #GenerationRestoration, visita il sito ufficiale qui.  

“Planet vs. Plastics”: la sfida per la Terra e le sue risorse 

Planet vs. Plastics

 Ogni anno, il 22 aprile, nel mondo viene celebrata la Giornata della Terra, un evento dedicato a sensibilizzare e promuovere la protezione nei confronti del nostro pianeta, con particolare attenzione alla sua sostenibilità. Anche per il 2024, il sito ufficiale earthday.org ha scelto e pubblicato il tema centrale dedicato alla giornata: “Planet vs. Plastics”, un richiamo all’importanza del corretto utilizzo e, soprattutto, smaltimento delle plastiche sul nostro Pianeta.  

“Planet vs. Plastics”: come può vincere il nostro Pianeta? 

Il tema di quest’anno, scelto dall’Earth Day Network, è “Planet vs. Plastics” (Pianeta contro Plastica). L’inquinamento plastico, infatti, minaccia la sostenibilità della Terra e, con lei, delle specie viventi che la abitano. Si pensi solo che, dei 7 miliardi di tonnellate di rifiuti plastici che sono stati prodotti finora a livello globale, solo il 10% è stato riciclato correttamente. 

Un rischio, questo, che si ripropone anche sulle risorse idriche presenti nel Pianeta. Ad oggi, si contano circa 50 trilioni di particelle microplastiche nei nostri oceani, un numero che super di almeno 500 volte le stelle nella Via Lattea! 

Parlando di plastica, non possiamo, dunque, ignorare il ruolo cruciale che questa gioca sull’acqua e sul suo ecosistema. Le risorse idriche sono fondamentali per la vita sulla Terra, ma sono sempre più minacciate dall’inquinamento plastico. Secondo le proiezioni degli stock ittici per il periodo 2015-2050, le plastiche supereranno il numero di pesci nei nostri oceani, influenzando la catena alimentare di numerose specie – tra le quali, anche quella degli uccelli marini: il 99% di questi, entro il 2050, ingerirà quotidianamente plastica. 

Una nostra responsabilità 

Ogni azione conta: dalla riduzione dell’uso di bottiglie di plastica all’adozione di prodotti riutilizzabili, possiamo tutti contribuire a ridurre l’impatto della plastica sull’ambiente e proteggere le nostre preziose risorse idriche.  

Sebbene negli ultimi 20 anni il riciclo di plastica sia cresciuto di tre volte tanto (nel 2000 era solo del 3%, a fronte del 10% odierno), dobbiamo impegnarci per un uso più consapevole di questo materiale: ancora oggi, a livello mondiale, vengono acquistate un milione di bottigliette d’acqua ogni minuto

Le piccole azioni contano! Per un cambiamento reale, serve l’appoggio di ognuno di noi. 

Quanta acqua sprecano gli italiani buttando il proprio cibo?  

Acqua spreco

In un momento così complesso e delicato in termini di sostenibilità ambientale, l’emergenza idrica diventa tema centrale di discussione non solo istituzionale ma anche pubblico. I consumatori, infatti, devono necessariamente rendersi conto della propria responsabilità e delle conseguenze legate ai loro consumi e ai loro gesti quotidiani.  

Non tutti sanno, per esempio, che lo spreco idrico domestico è correlato a quello alimentare: attraverso lo studio condotto dall’Osservatorio internazionale Waste Watcher, ad esempio, è possibile conoscere quanti litri di acqua vengono consumati e “buttati” dai cittadini italiani a causa del proprio spreco alimentare. 

Cos’è l’impronta idrica e qual è la sua utilità? 

Al fine di misurare lo spreco di acqua dolce è stato sviluppato il concetto di impronta idrica, un indicatore ambientale che misura il consumo di acqua dolce, in maniera diretta o indiretta, dovuto alla produzione di beni o servizi. Tramite tale dato si quantifica sia l’uso di acqua attribuibile a un singolo individuo, che quello relativo all’uso di un’azienda e di una intera comunità.  

La nascita di questo indicatore è da ricondurre al Prof. Arjen Hoekstrastra e all’Università di Twente nei Paesi Bassi. Infatti, l’impronta idrica rientra in un progetto più ampio che ha dato vita al “Water footprint network”, una piattaforma collaborativa che opera a livello mondiale. Il suo scopo è quello di promuovere delle forme di sviluppo e produzione più sostenibili e che prevedano un uso adeguato, limitato, ma efficiente dell’acqua dolce.    

A quanto ammonta, però, lo spreco idrico registrato dai consumatori italiani? 

Miliardi di litri di acqua sprecati ogni settimana: il contesto italiano 

Di recente l’Osservatorio internazionale Waste Watcher ha condiviso le sue stime sullo spreco di acqua in ambito domestico partendo dai dati sullo spreco alimentare.  

Il report italiano del 2024 ha dichiarato che, dallo spreco del cibo (circa 566,3 grammi pro capite a settimana), derivano circa 151,469 miliardi di litri di acqua.  

Tale cifra è paragonabile ad un consumo di 302,938 miliardi di bottiglie da mezzo litro che, se messe tutte in fila, percorrerebbero la circonferenza del globo per bene quattro volte! Inoltre, ammonterebbero a una spesa, in termine di utenze domestiche, di 395,835 milioni di euro. 

La produzione alimentare, infatti, è strettamente correlata a un utilizzo ingente di acqua ed è per questo che lo spreco di cibo comporta anche quello idrico. Per produrre 200 kg di carne bovina, per esempio, sono necessari circa 3 milioni di litri di acqua. Questo dato rende evidente quanto le decisioni quotidiane relative alle quantità di consumi di determinati alimenti o semplicemente la scelta di gettarli, impatti sull’impronta idrica.

Scopri i consigli di Egato per un risparmio idrico

L’Osservatorio internazionale Waste Watcher, proprio per rendere più consapevoli i consumatori rispetto a questo tema, ha realizzato un’applicazione: lo Sprecometro

Tramite il suo utilizzo, i singoli individui possono stimare l’impronta idrica conseguente al loro spreco alimentare, valutando anche la perdita economica e l’impronta carbonica.  

Inoltre, vengono condivisi con loro contenuti educativi e formativi volti a ridurre gli sprechi e a migliorare le proprie scelte alimentari, proprio al fine di agire sinergicamente verso l’obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030: dimezzare lo spreco alimentare.  

Giornata Mondiale dell’Acqua 2024: un’occasione per la pace e la cooperazione 

Ogni anno, il 22 marzo, celebriamo la Giornata Mondiale dell’Acqua, un’importante ricorrenza istituita agli inizi degli anni Novanta dalle Nazioni Unite (ONU). L’appuntamento annuale mira a sensibilizzare e ispirare all’azione per affrontare le sfide legate alla crisi idrica e igienico-sanitaria, portando alla luce ogni anno un nuovo tema centrale. 

Per il 2024, il tema scelto è “Leveraging water for peace” (“L’acqua per il raggiungimento della pace”), un richiamo alla necessità di utilizzare la risorsa idrica come strumento per promuovere la pace e la cooperazione internazionale. 

“Acqua e pace”: il tema scelto per il 2024 

In un particolare periodo geopolitico caratterizzato da crescenti tensioni e da cambiamenti climatici sempre più evidenti, l’acqua riveste un ruolo cruciale nel promuovere la pace e la stabilità.  

Più di 3 miliardi di persone nel mondo dipendono dalle risorse idriche che attraversano confini nazionali: sono 153 i Paesi che condividono fiumi, laghi o falde acquifere, ma solo 24 di questi dichiarano di avere accordi di cooperazione internazionale. La scarsità e l’inquinamento dell’acqua possono, inoltre, aumentare le tensioni tra le comunità e i Paesi, rendendo fondamentale una cooperazione transfrontaliera per affrontare le sfide comuni legate alla gestione delle risorse idriche. 

Idrodiplomazia: utilizzare l’acqua come strumento per la pace

L’idrodiplomazia si configura come un approccio strategico che mira a utilizzare la risorsa idrica come mezzo per promuovere la pace e la cooperazione internazionale.  

La cooperazione in materia d’acqua può, infatti, aiutare le popolazioni a mitigare e ad adattarsi a un clima che cambia, insegnando e provvedendo a gestire tali cambiamenti. Solo nel nostro paese, i tragici eventi dovuti alle alluvioni del 2023 sono costati oltre 400 milioni di euro: la cooperazione in materia di acqua rappresenta, in questi casi, fattore essenziale per la salute umana e per la prosperità pubblica e la lotta allo spreco, nonché una resistenza vitale agli eventi meteorologici estremi. 

Ma l’idrodiplomazia deve tradursi anche su piccola scala, per una “piccola pace”, quella delle comunità locali: la risorsa idrica risulta ancora un tema divisivo che, se non divulgato in maniera corretta, può generare conflitto tra cittadini e istituzioni. Ancora troppo scarsa è la conoscenza della gestione idrica all’interno delle comunità, per questo ogni giorno, come Egato, ci impegniamo a rendere quanto più trasparente possibile il miglioramento del Servizio Idrico grazie al contributo sinergico dei cittadini e dell’Unione Europea. 

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Oppenheimer trionfa agli Oscar: ma quali furono le conseguenze idriche del Progetto Manhattan? 

Progetto Manahattan

La scorsa notte, il film di Cristopher Nolan “Oppenheimer” ha trionfato a Los Angeles vincendo ben 7 premi Oscar su 13. Un eccezionale contributo al cinema dietro al quale si nasconde una storia intricata e controversa, quella del Progetto Manhattan, lo stesso che ha portato alla creazione della bomba atomica. 

Il Progetto, sviluppato durante la Seconda Guerra Mondiale, rappresentò un passo epocale nella storia dell’umanità, ma con esso giunsero conseguenze che spesso restano nell’ombra: quelle sulla risorsa idrica sono solo un esempio 

Il Progetto Manhattan: quali risvolti sulle acque americane? 

Il Progetto Manhattan rappresentava un’iniziativa degli Stati Uniti per lo sviluppo dell’arma nucleare. Condotta in gran segreto durante la Seconda Guerra Mondiale, coinvolse un vasto numero di scienziati, ingegneri e lavoratori impegnati nella produzione di armi atomiche. Tuttavia, nel fervore della corsa all’arma nucleare, la tutela delle risorse idriche non fu una priorità.  

Non vi era un piano definito per proteggere le acque circostanti durante i test nucleari e, infatti, la scoperta di contaminazione delle acque non fu immediata né prioritaria per coloro che organizzarono il progetto. L’attenzione fu rivolta allo sviluppo dell’arma e, sebbene vennero scelti luoghi deserti e lontani dalle cittadine abitate, poco tempo venne dedicato alle considerazioni per le conseguenze ambientali. 

Negli anni successivi ai test nucleari vennero condotti studi e ricerche per valutare l’impatto ambientale delle esplosioni atomiche. Fu così che scienziati e i ricercatori hanno iniziato a rilevare livelli elevati di radiazioni nelle acque superficiali e sotterranee nelle vicinanze dei siti di test, registrando un chiaro segnale di contaminazione. 

Nel monitoraggio e nella verifica della contaminazione delle acque furono coinvolti vari attori, tra cui istituzioni governative, agenzie di protezione ambientale e istituti di ricerca scientifica. Questi utilizzarono tecniche di campionamento e analisi per misurare i livelli di radiazioni nelle acque e valutare il loro impatto sulla salute umana e sull’ambiente. 

Una volta confermata la contaminazione, vennero intraprese misure per mitigare i rischi e proteggere la popolazione e gli ecosistemi dalla esposizione alle sostanze radioattive. Tuttavia, gli effetti a lungo termine della contaminazione radioattiva hanno continuato a rappresentare una sfida per decenni, richiedendo un monitoraggio costante e sforzi di bonifica per ripristinare la qualità delle acque colpite. 

Quali sono gli effetti di una bomba atomica sulle risorse idriche circostanti? 

L’impatto che una bomba atomica può avere sulle risorse idriche circostanti è devastante. Le esplosioni nucleari, infatti, rilasciano una vasta gamma di materiali radioattivi nell’ambiente, tra cui isotopi di stronzio, cesio e plutonio, che contaminano le acque superficiali, sotterranee e marine. 

Le radiazioni provenienti da test e da bombe nucleari contaminano direttamente i corpi idrici vicini, come fiumi, laghi e oceani, rendendoli inadatti all’uso umano e agli ecosistemi acquatici. Le sostanze radioattive possono accumularsi nei sedimenti acquatici e nella catena alimentare, con effetti dannosi su pesci, piante acquatiche e animali che dipendono da tali habitat. 

Inoltre, le radiazioni possono infiltrarsi nel terreno e nelle falde acquifere sotterranee, compromettendo la qualità dell’acqua potabile e l’accesso a risorse idriche sicure per le comunità locali. Le persone esposte a tali contaminazioni possono incorrere in gravi problemi di salute, compresi il cancro, le malattie cardiache e le anomalie congenite, causate dall’assunzione di acqua o cibo contaminati. 

Oltre agli effetti diretti sulle risorse idriche, le armi nucleari sono in grado di produrre un fallout radioattivo che contamina l’aria e le precipitazioni, aumentando ulteriormente il rischio di inquinamento delle risorse idriche attraverso il deposito di radionuclidi sulle superfici acquatiche. 

Oggi celebriamo un film che farà la storia del cinema e ricordiamo la scoperta di uno scenziato che la storia – nel bene e nel male – l’ha gia scritta. Tutto questo, però, ci insegna una lezione: qualunque siano le cause, la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico devono e dovranno essere guidati da un profondo rispetto per l’ambiente e le risorse naturali.